717^ Perdonanza Celestiniana, il saluto dell'Arcivescovo Giuseppe Molinari

24 Agosto 2011   08:00  

PREGHIERA A S. PIETRO CELESTINO

Carissimo S. Celestino,

mentre scrivo questa preghiera, mi viene in mente un pensierino un po' malizioso: ma voi santi le ascoltate le nostre preghiere?

Però mi rispondo subito da solo: certamente le ascoltate! Altrimenti che santi siete?!

Ma tu, soprattutto, o S. Celestino, come fai a dimenticarti di noi, della tua città dell'Aquila, che hai tanto amata, e nella quale, proprio nella Basilica di S. Maria di Collemaggio, hai voluto celebrare, di fronte alla Chiesa e al mondo intero, l'inizio del tuo Supremo Pontificato?

Per questo, ne siamo certissimi, non ci dimenticherai mai. Soprattutto non ci dimentichi dopo quella terribile notte di due anni fa, quando una tragedia grande si è abbattuta sulla nostra città, ha distrutto il volto più bello della nostra città e ci ha rapiti tanti fratelli e sorelle, di ogni età!

Però se è vero ( e lo crediamo) che non ti sei dimenticato di noi, mostraci un segno del tuo amore e del tuo ricordo.

Perdona questa filiale sfrontatezza, ma anche i figli migliori, in certi momenti difficili, hanno bisogno di sperimentare la vicinanza di un Padre, un Profeta, un Fratello, un Amico, un Santo come te.

Ne abbiamo bisogno perché tra noi, da un pezzo, comincia a "serpeggiare" la delusione e la mancanza di speranza.

Noi non sappiamo spiegartene la causa. Ma tu, che sei Santo e guardi le cose con gli occhi di Dio, certamente sai il motivo di questa nostra amarezza e delusione.

E ne sai anche il rimedio efficace.

Perciò aiutaci, carissimo S. Celestino.

Un motivo che sembra evidente agli occhi di tutti, un motivo della nostra sfiducia, appare proprio il fatto che la ricostruzione, che tutti desideriamo ardentemente, fa fatica a partire.

S. Celestino aiutaci a capire perché succede questo.

Io conosco tanti uomini e donne di buona volontà, qui, nella nostra città, che nei ruoli più diversi, si battono per una ricostruzione rapida e giusta della nostra città.

Ma spesso mi appaiono anch'essi sperduti e impotenti!

Carissimo S. Celestino, qual è il male oscuro che blocca la ricostruzione e ci impedisce di veder risorgere presto la nostra città, in tutta la sua indimenticabile bellezza?

Ecco, già, il "male oscuro". E questo ci porta subito al cuore della tua Perdonanza.

E ripenso a otto secoli fa, quando tu sei venuto, come novello Pontefice, nella nostra città.

E nella tua chiaroveggenza di uomo di Dio, profeta e santo, hai capito che nell'allora giovane città dell'Aquila, bisognava innanzitutto aiutare gli Aquilani a riscoprire il primato di Dio nella loro vita, la bellezza della fede, la gioia della vera fraternità e dell'autentica comunione tra i fratelli.

Certamente ti hanno raccontato, allora, di fratelli che avevano ucciso i fratelli, di sangue versato.

E tu, nella tua saggezza e nell'intimo del tuo cuore santo, hai domandato al Signore cos'era meglio per questa nostra città, quale era il dono più grande che potevi lasciare all'amatissima città dell'Aquila.

E hai capito che il dono più grande era quello il di aiutare uomini e donne a ritrovare Dio e a riconciliarsi con i fratelli.

Per questo ci hai donato la tua "Perdonanza".

Con la tua autorità di Successore di Pietro e di Vicario di Cristo, hai capito che il bisogno più grande di ogni aquilano era riscoprire l'immenso amore di Dio e la gioia di riconciliarsi con i fratelli. Io non dubito che, allora, lo Spirito Santo (che tu hai tanto amato), ti ispirò la cosa più giusta.

Ma, caro S. Celestino, scusa la domanda un po' provocatoria: pensi che quel "rimedio" salutare, che ti fu ispirato dall'Alto, può funzionare anche oggi?

Cerca di capire il mio disagio di Vescovo, ma anche il disagio di coloro che si riconoscono cristiani e desiderano essere veri discepoli di Gesù di Nazareth.

Se noi ci presentiamo oggi a chi è preposto alla ricostruzione, alle forze politiche, ai partiti, ai sindacati, ai vari gruppi spontanei sorti per la ricostruzione e mostriamo il tuo rimedio di otto secoli fa, non credi che si metteranno tutti a riderci in faccia?

Tu, però, carissimo S. Celestino, ci ricordi che il problema non è se qualcuno ci ride in faccia.

Il problema è se bastano la politica, le leggi, i decreti, le ordinanze, gli architetti, gli ingegneri, i tecnici, i costruttori, i soldi per realizzare la ricostruzione oppure occorre altro.

Il problema è se può esistere una ricostruzione giusta, umana e rispettosa della nostra storia senza mettere al centro di tutto l'etica, la coscienza, il bene comune, un cuore nuovo, liberato dalle incrostazioni dell'egoismo e del peccato. Si, del peccato.

Caro S. Celestino, ecco una parola che non osiamo più pronunciare. Ma, se siamo onesti, dobbiamo riconoscere che la tua Perdonanza è stata e rimane la buona notizia che siamo liberati dal peccato e siamo pronti a costruire una storia nuova, fondata non sull'avere, ma sull'essere, non sulla menzogna, ma sulla verità, non sulle promesse non mantenute, ma sull'umile e generoso contributo personale che ognuno di noi può dare per il bene di tutti.

Carissimo S. Celestino, liberaci dal "male oscuro" che ci incatena ancora a un modo vecchio di pensare e di agire.

Il modo vecchio di pensare e di agire è cercare solo i nostri interessi egoistici, infischiarcene degli altri, ignorare i diritti e i drammi degli altri e pensare: "che mi importa. Basta che sto bene io!".

Un modo vecchio di pensare è quello di chi non ha la pazienza e la tenacia di conoscere veramente i problemi e cercare le soluzioni più idonee. E' più facile (e più comodo) ricorrere ai luoghi comuni, alle spiegazioni sommarie e superficiali.

E' più facile gettare tutta la colpa sugli altri e chiudere gli occhi sulle nostre responsabilità.

Un modo vecchio di pensare è calpestare ogni legalità e favorire l'affermarsi dei più forti, cioè dei prepotenti e degli arroganti.

Un modo vecchio di pensare è rifiutare di mettersi con umiltà a collaborare con gli altri, riconoscendo il bene ovunque esso si trovi.

Carissimo S. Celestino, noi vogliamo, nello spirito della Perdonanza, realizzare in noi un modo nuovo di pensare e di agire, che nasce dal cuore nuovo che il Perdono di Dio crea in noi. E tu ci insegni, carissimo S. Celestino, che il cuore nuovo è il cuore che si apre a Dio e ai fratelli.

E' il cuore che ha pensieri di pace e non di odio.

E' il cuore che vede in ogni uomo e in ogni donna che incontra non un nemico, ma un fratello e una sorella con i quali possiamo condividere la strada da percorrere insieme.

Dove c'è odio (anche "politico") non c'è futuro.

Dove c'è amore c'è speranza e c'è l'unico futuro possibile.

Carissimo S. Celestino,

donaci un po' della tua fede,

del tuo amore a Cristo e ai fratelli.

Donaci la capacità di perdonare e di amare.

Insegnaci tu ad amare la nostra città e il suo futuro.

Un futuro che è nelle mani di Dio.

Ma anche nelle nostre mani se, come te, sappiamo essere uomini e donne pieni di pace e di speranza.

Amen.

+ Giuseppe Molinari

Arcivescovo Metropolita de L'Aquila


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