Abruzzo, viaggio nell'ospedale delle Madonne ferite dal sisma

di Jenner Meletti

09 Novembre 2009   14:03  

Esperti da tutta Italia nel laboratorio improvvisato di Celano dove si restaurano mille opere d'arte danneggiate ma recuperabili.

Prima di tutto bisogna pulire le ferite. "Abbiamo spugnette speciali e togliamo la polvere con gli impacchi. Poi, per liberare gli occhi, il naso, la bocca e arrivare in fondo alle pieghe del vestito usiamo pennellini morbidi". La statua lignea della Madonna in trono con Bambino, secolo XIII, arrivata dalla chiesa di San Colombo di Barisciano sembra guardarsi intorno con imbarazzo. Non ci sono più, davanti a lei, le candele accese dei fedeli. Non si sentono più i sussurri delle preghiere. Attorno, ci sono solo centinaia di altre Madonne con o senza Bambino, Gesù Crocefissi, Angeli e Santi, tutti con un braccio rotto, una gamba spezzata, una ferita sul viso o sul petto. Sembra di essere in un Pronto Soccorso, in questo che è diventato l'ospedale delle Madonne terremotate.

Alessandro Verrocchia e Gianfranco Quintiliani, restauratori, indossano un camice bianco e i guanti, come gli infermieri. "Eravamo specializzati nel restauro di ceramiche e armi dei Marsi e degli Equi, nostri antenati dell'età del bronzo. Questo di Celano è infatti un museo archeologico. Poi è arrivato il terremoto e tutto è cambiato". Osservano la Madonna in trono, con i pennellini ne puliscono il volto bellissimo. "Il mantello ha il bordo spezzato. Bisognerà ricostruirlo. Dopo metteremo anche il colore, il più uguale possibile a quello di 700 anni fa. Certo, non sarà come prima. Dipingeremo col tratteggio o con il puntinato e quando la Madonna tornerà nella sua chiesa, guardandola da lontano, tutti penseranno che è tornata come prima. Ma da vicino la parte restaurata si deve notare. Altrimenti non sarebbe un recupero, ma un falso".

In questo strano Pronto soccorso non ci sono colori (codice giallo, codice rosso...) per indicare l'urgenza del soccorso. C'è però una tabella con quattro numeri. Codice 1 significa "Pessimo: Intervento generale urgente". Codice 2 è "Cattivo. Intervento a breve termine". Codice 3 è "Mediocre. Intervento localizzato a medio e lungo termine". Fortunati solo i numeri 4. "Buono. Nessun intervento". Dovrebbe venire qui, il ministro che accusa i "fannulloni", a osservare questi dipendenti statali. "Era il Lunedì di Pasqua, una settimana dopo il terremoto - racconta Geltrude Di Matteo, la direttrice del museo archeologico - quando Luciano Marchetti, vicedirettore della Protezione civile, ha deciso che questo era il posto giusto per il pronto soccorso e la messa in sicurezza delle opere d'arte. Subito sono arrivati i primi camion dei vigili del fuoco, con queste statue impolverate e spezzate, con i quadri tagliati... Anche per noi non ci sono stati più orari né mansioni. Tutti i venti dipendenti del museo - dall'usciere all'archeologo - si sono messi al lavoro, per aiutare a scaricare, per andare a comprare i panini per i pompieri e i volontari di Legambiente... Dal mattino a mezzanotte, e anche dopo, se necessario.
Non ci siamo più fermati. Abbiamo inventato una struttura di tubi Innocenti per allestire il deposito, siamo andati a Fabriano a prendere le griglie per sistemare i quadri, e sono le stesse che erano state usate nel restauro delle opere terremotate in Umbria...".

Ci sono cinquecento "pezzi" provenienti dal museo nazionale dell'Abruzzo alla Fortezza spagnola dell'Aquila e altri cinquecento arrivati dalle chiese parrocchiali e dalle basiliche. "Abbiamo scelto Celano - dice Anna Maria Reggiani, direttrice regionale dei Beni culturali e ambientali - perché non volevamo portare i nostri tesori lontano dall'Aquila. E non vogliamo che partano nemmeno per il loro recupero definitivo. Per fortuna il ministero ha proposto di costruire un centro di restauro proprio all'Aquila, in stretta collaborazione con l'Accademia delle Belle arti".

Da Roma sono arrivati al museo archeologico gli specialisti dell'Iscr, l'Istituto superiore centrale di restauro, da Firenze i restauratori dell'Opificio pietre dure. Ormai non c'è uno spazio libero, nei grandi saloni di cemento, coperti da un tetto di terra ed erba. Sono tutte qui, le Madonne che da secoli vengono portate in processione, le statue dei Santi protettori, le immagini che hanno ascoltato le preghiere dei nonni e dei loro nonni. "Questa è la Madonna di Fossa - raccontano i restauratori Quintiliani e Verrocchia - ed è un codice 3. Il tabernacolo che la sovrastava si è spezzato e ha rotto il naso al Bambino. Lo rifaremo, con il gesso. Ecco la Madonna di Collemaggio, quella di Onna, la Madonna con Bambino di Roio. Per i quadri e gli affreschi staccati abbiamo lavorato subito per bloccare la caduta del colore... Ci sono danni che già erano evidenti prima del terremoto. Tanti parroci hanno reso più vivi i colori spalmando chiara d'uovo, che col passare dei decenni è ingiallita. Toglieremo anche quella, con acqua e ammoniaca".

Stefania Montanaro sta lavorando su una "Vergine che appare a San Domenico" con un "termocauterio", un ferro da stiro elettrico di appena tre o quattro centimetri. "Sulle tele la messa in sicurezza è molto complessa. Bisogna rimettere in tensione il supporto, impedire la caduta di altri frammenti consolidando la velina pittorica... Solo per la prima emergenza la prognosi è di almeno una settimana, per il restauro completo sono previsti quattro o cinque mesi di lavoro". La Vergine del quadro è coperta da bende bianche. "È un geo tessuto inerte. Così il quadro è protetto ma può respirare". Si sta preparando una sala per esporre almeno alcune delle opere d'arte recuperate. "Questi tesori non possono vivere - dice Geltrude Di Matteo - nascosti in un magazzino". All'Aquila, nell'ex Mattatoio, si sta preparando il nuovo museo. "Accoglierà solo la metà delle opere che erano alla Fortezza spagnola - dice Lucia Arbace, sovrintendente delll'Abruzzo - ma sarà un segnale di rinascita".

"Vive l'arte a l'Aquila": con questo titolo da settembre e fino al prossimo maggio la direzione regionale per i beni culturali ha organizzato conferenze per raccontare il patrimonio artistico recuperato.

 

fonte: Repubblica


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