Acquisto prima casa. Teramo ultima in Abruzzo

Troppo alte le garanzie chieste dalle banche

29 Gennaio 2009   12:47  
Dalle borse all' economia reale. La crisi bussa alle porte dei comuni mortali, costretti a risparmiare fino all'osso pur di investire i pochi soldi in qualcosa di duraturo, solido, concreto. Qualche anno fa a rispondere a questa esigenza di stabilità era la casa. Non importava quanto fosse lungo o elevato il mutuo da pagare ogni mese, lo stipendio era fisso e stringendo la cinghia prima o poi si sarebbe arrivati a possederla quella casa, e a darla in eredità. Oggi il lavoro non rappresenta più una certezza, è anzi sempre più spesso fonte di ansia e instabilità socioeconomica, la recessione aumenta la percezione del rischio, l'inflazione svaluta la moneta, ed è così che il mutuo fino a qualche anno fa accessibile, diventa terra straniera per tutte quelle famiglie che non sono in grado di fornire garanzie a lungo termine.

Nel corso del 2008 in Italia la concessione di mutui si è ridotta del 6,9%. A Teramo tuttavia la situazione sembra essersi aggravata ulteriormente. Ad evidenziarlo un'indagine svolta da UniCredit Consumer Financing, l'istituto specializzato nei finanziamenti alle famiglie del gruppo Unicredit. L'analisi, realizzata sulla base dei dati forniti da Bankitalia, ha posto sotto la lente d'ingrandimento la zona meridionale dello Stivale, che per Unicredit include Calabria, Basilicata, Puglia, Campania, Molise e Abruzzo, studiando le percentuali relative ai mutui erogati nei primi 9 mesi del 2008 rispetto all'andamento rilevato nello stesso periodo del 2007, constatandone un decremento pari al 5,59%. Un risultato che non stupisce data la situazione di grave crisi finanziaria che ha colpito il Paese. Unica Regione a mostrare un incremento nella concessione dei mutui bancari è l'Abruzzo (+3,11%), in positivo tuttavia, grazie alla sola prestazione di Pescara (+32,8%). Un dato molto distante dalle altre province, e in particolare dalla vicina Teramo, ultima nella classifica abruzzese con un decremento pari all' 11%. Il distretto teramano, già provato dal crescente numero di protesti rilevato negli ultimi tempi, mostra un quadro di grave difficoltà, più volte denunciato dall'Ance locale anche in relazione alla stretta creditizia che il settore bancario sembra stia attuando nei confronti delle imprese.

Marco Fabiocchi, direttore dell'Ance teramana, commenta senza allarmismi l'esito dell'indagine Unicredit: " Mi sembra un risultato non particolarmente negativo per quelle che sono le ultime notizie a nostra disposizione. Nell’ultimo trimestre 2008 è andata ancora peggio". Secondo Fabiocchi la problematica è senz'altro da ricondurre alla crisi finanziaria. Uno stato di grave recessione che induce gli istituti bancari a non concedere prestiti e mutui se non altamente garantiti. Valutazioni creditizie pesanti, e richieste di garanzia troppo elevate tagliano fuori ad oggi famiglie che soltanto qualche anno fa avrebbero potuto accedere al credito. "Succede anche che, per pratiche di mutuo fondiario istruite anni fa dai costruttori, il debito non viene più frazionato tra coloro che poi acquistano le case realizzate. La banca non dà il suo consenso e il costruttore non viene liberato" afferma il direttore dell'Ance locale, indicando uno dei circoli viziosi che spesso si generano nell'ambito delle costruzioni.

Resta da comprendere perchè la vicina dimensione pescarese registri una tale esplosione di mutui, nonostante il decremento costante rilevato nel resto dell'Abruzzo. Per Fabiocchi si tratta di un dato da studiare, di non immediata lettura. Una delle ragioni potrebbe risiedere nel costo stesso degli immobili pescaresi: essendo generalmente più cari rispetto a quelli sul mercato nelle altre Province, indurrebbero le banche a fare calcoli su cifre ben più elevate e a rischiare maggiormente che altrove. Ad ogni modo i dati di Confindustria sulla “sofferenza” delle banche teramane sono certi, e la situazione di molte famiglie rischia di aggravarsi ulteriormente, senza operazioni d’intervento statale e regionale in grado di bilanciare il pesante gap economico che precarietà e crisi finanziaria hanno aperto  nel tessuto sociale italiano.





Giovanna Di Carlo

 

 


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