Monia Benini, madre emiliana racconta la sua esperienza del terremotati del 20 maggio sul blog www.testelibere.it.
Ad un mese dal terremoto
''E’ ormai passato un mese dal ruggito della prima scossa. Forte, violenta, terribile. Il terremoto ha squarciato la notte e la nostra tranquillità. Zona a basso rischio sismico; così era indicata l’Emilia. Sono cresciuta con la voce dei miei familiari, della mia maestra, degli insegnanti che mi dicevano che qui, da noi, i terremoti non vengono.
Proprio l’estate scorsa sono stata a L’Aquila, all’interno della zona rossa. Lì il terremoto era venuto eccome: le testimonianze degli Aquilani e la distruzione della città mi avevano segnata dentro. Quando ero uscita dalla zona ‘off limits’ c’era anche mio figlio e ammetto, vergognandomene un po’, di avere pensato che per fortuna abitavo a Ferrara.
Viaggio frequentemente e mi trovo spesso fuori città: ma il 20 maggio ero nel mio letto quando è arrivato il rombo cupo del terremoto, insieme a scosse che mi sollevavano dal letto. Ero a pochi metri da mio figlio e credo che non me lo sarei mai perdonata se non fossi stata a casa quella notte.
L’inizio di un incubo, che ancora oggi di notte, assume le forme e i colori della paura. Si ascoltano i cani abbaiare, gli uccelli che schiamazzano ed è probabile che nel giro di pochi minuti la terra torni a tremare.
C’è chi non ce l’ha fatta a sostenere notti insonni e tormentate e, nonostante abbia la casa agibile, ha deciso di procurarsi una tenda, un camper o una roulotte dove dormire. Di giorno ci si lava, si cucina, si mangia nella propria abitazione, ma in molti preferiscono non rischiare di trovarsi fra le braccia di Morfeo nel caso arrivi un’altra scossa forte.
Ci sono poi amministrazioni comunali, come quella di Correggio (RE), che ‘per ragioni di igiene e sicurezza’, dal 18 giugno cominciano a sfrattare e a multare (140 euro) chi a proprie spese ha deciso di rinunciare alla comodità del proprio letto per poter riposare la notte in tenda. Posto che il noleggio di qualche WC chimico non mi sembra una voce di spesa così drammatica per un Sindaco che abbia a cuore il bene comune, rimane da augurarsi che lo sfratto al Sindaco glielo diano presto i cittadini di Correggio.
Molte persone invece purtroppo non hanno scelta e in tenda sono costrette a viverci l’intera giornata, perché hanno la casa distrutta o lesionata. E in questo periodo è un po’ come essere dentro a un forno: bambini e anziani sono i soggetti in maggiore sofferenza.
rotezione Civile e Vigili del Fuoco si stanno dando da fare, ma l’emergenza è davvero estesa. Secondo i dati ufficiali, sono 16.425 le persone assistite in Emilia, ma anche in Lombardia e Veneto; sono state effettuate oltre 38.000 verifiche sugli edifici e 9.017 valutazioni di agibilità; ancora si contano i danni ad imprese e ad attività produttive, diverse delle quali rase letteralmente al suolo.
Nel frattempo il governo Monti rinvia l’IMU ai terremotati. Ripeto: “rinvia”. Significa che a novembre anche i terremotati dovranno pagare la tassa. Ma su che cosa, se gli edifici sono inagibili? E per ripartire, il governo espressione della grande finanza internazionale, cosa garantisce ai Comuni e ai territori? Intendo, a parte l’aver eliminato, con un perfetto tempismo (appena due giorni prima del terremoto) il contributo per le calamità naturali?
E mentre si cerca con le unghie e con i denti di tornare a una situazione prossima alla normalità, la quotidianità viene ancora sconquassata dalle scosse: forti o lievi, ogni volta che viene percepito il terremoto, è un trauma che si riaccende, una manciata di sale gettata su una ferita ancora aperta.
Una ferita che è ben visibile sul territorio, con crepe profonde larghe anche un metro e mezzo, con le cicatrici della liquefazione del suolo (che ha fatto andare giù anche nuove villette antisismiche), con le macerie da rimuovere ( i cui costi sono a carico dei cittadini!), con scuole (tante, troppe!), Chiese, musei, edifici pubblici e privati chiusi perché danneggiati o distrutti.
Ricordo ancora che nella tempesta di pensieri del primo minuto, mentre le pareti del mio appartamento oscillavano, mentre gli armadi si aprivano, cadevano le suppellettili, l’incredulità predominava la paura: ‘è impossibile che stia succedendo qui’. E invece Martelli dell’ENEA di Bologna aveva già informato chi di dovere a marzo: i dati in possesso e gli algoritmi indicavano un’elevatissima probabilità di terremoto proprio in Emilia, con magnitudo superiore al 5,4. L’informazione non era stata diffusa pubblicamente, ma ad esempio la Commissione Grandi Rischi era stata messa al corrente.
Si è preferito non divulgare la notizia alle persone per non creare un effetto panico? Può anche essere condivisibile come scelta, ma nel frattempo sarebbe stato bene avvertire le autorità di pubblica sicurezza nei territori, per iniziare opportune verifiche di staticità sugli edifici (specie scuole, ospedali, luoghi di lavoro) e predisporre piani di pronto intervento per non farsi cogliere impreparati dall’eventualità del sisma. E soprattutto sarebbe stato saggio stoppare immediatamente tutti i progetti e le pratiche di stoccaggio gas e anidride carbonica, congiuntamente a ogni tipo di attività che potesse, studi alla mano, determinare un incremento della micro sismicità. Invece no.
Si è preferito ‘discutere’ con chi aveva presentato gli studi che dimostravano l’elevatissima probabilità di terremoto e assopire le proprie coscienze puntando sulla ginnicità non solo del direttore dell’INGV, ma anche di tutte quelle persone che sono dovute fuggire (in 26 non ce l’hanno fatta) durante il sisma.
Un’altra fotografia del sistema italiota, alla faccia dell’importanza della ricerca e del doveroso e necessario principio di precauzione da adottare per l’interesse della collettività.''