All'ex-paladino dei giovani, onorevole Adinolfi, piace la Fornero. Ai giovani precari molto meno...

20 Giugno 2012   12:16  

Primo giorno da parlamentare per il blogger del Pd Mario Adinolfi, già paladino dei giovani e dei precari, nemico giurato delle gerontocrazie al potere. Adinolfi è subentrato alla Camera a Pietro Tidei eletto sindaco di Civitavecchia, che si è dimesso dopo alcune settimane di aspre polemiche. Sederà  in uno dei Parlamenti anagraficamente più vecchi del pianeta. 

''Sono il primo blogger a entrare in Parlamento in quanto tale - annuncia soddisfatto -  la rete è stata fondamentale. Già per la mia elezione, nella campagna 2008, si era mobilitata tutta la rete, anche i blogger dichiaratamente di destra mi sostennero.''

Tra le priorità del suo mandato, mostrando di avere idee ancora giovani e smart, Adinofli annuncia una battaglia politica a favore del poker live, di cui manco a dirlo è un appassionato giocatore. E poi ovvio internet libero e grautito per tutti.

Ad Adinolfi poi  piace molto il ministro Elsa Fornero. Una vera e propria cotta politica la sua, a leggere i commenti postati dall'onorevole sul suo profilo facebook:

''Fornero è la migliore  riformista degli ultimi 20 anni''

''Intervento serissimo della Fornero. Denso di dati, da riformista. Sui banchi PD si borbotta. Borbottii sbagliati e indicativi ''

''Parla la Fornero. Le generazioni più giovani la ricorderanno come prezioso alleato riformista. Una benefattrice''

''Oggi incontro 2 donne importanti. Alla Camera, Elsa: tra un anno la ricorderemo come il ministro riformista per eccellenza. Stasera, Silvia.''

'' Intervento astioso di Cazzola (Pdl) contro Fornero. Che errore questi toni sugli esodati. Applausi dai banco PD.Io sto con Elsa''

Ai giovani precari che non potranno diventare come Adinolfi onorevoli, sistemandosi a vita con qualche annetto di piacevolissimo lavoro, la Fornero piace invece molto meno. 

A seguire, a titolo esplicativo, l'appello del movimento dei precari ''La meglio gioventù'', che ha organizzato la manifestazione di protesta del 16 a Roma contro la riforma del lavoro che porterà in calce l'indelebile firma del ministro Elsa Fornero e il voto favorevole di Adinolfi. Sic transit gloria blogger. (Filippo Tronca)

LA RIFORMA DEL LAVORO: UNA TRUFFA PER MILIONI DI PRECARI

''In nome di questa generazione il Governo Monti propone una riforma sbagliata, una truffa per tutti e in primo luogo per i giovani. In nome di questa generazione le politiche di austerity del Governo e della BCE cancellano il futuro di tutti, perpetuando lo stesso modello che ha alimentato le disuguaglianze, che ci ha condotto alla crisi economica e al fallimento di un intero continente.

Il disegno di legge sul mercato del lavoro presentato dal governo non risponde ai problemi principali che affliggono la vita di una generazione intera:

- lascia intatta la giungla delle 46 forme contrattuali, comprese quelle che il Governo aveva annunciato di voler eliminare;

- non estende gli ammortizzatori sociali, visto che l’assicurazione per l’impiego lascerà fuori buona parte dei lavoratori precari;

- non prevede nessuna forma di reddito minimo;

- scarica l’aumento di costo dei contratti a progetto sulle buste paga dei collaboratori;

- rappresenta una beffa per le reali partite iva che dovranno pagare di tasca loro l’aumento dei contributi.

Le tante promesse del Governo non sono state mantenute, così i giovani sono diventati il pretesto per precarizzare chi ha ancora un contratto stabile, altro che tutelare i precari!

Si è cercato, in questi anni, di dividere i padri dai figli, le madri dalle figlie, i “garantiti” dai “non-garantiti”. Noi pensiamo che ci siano oggi, come ieri, i ricchi e i poveri, chi vive di sfruttamento e speculazione e chi vive di lavoro.

Per questo vogliamo mobilitarci assieme ai nostri padri e alle nostri madri, perché vogliamo unire due generazioni nella difesa dei diritti e nella lotta contro la precarietà, perché non è vero che non c’è alternativa alla disperazione attuale.

I suicidi di questi giorni ci parlano di questo: quando si parla di “salva Italia” bisognerebbe pensare a quelle vite spezzate e alle tante solitudini che la precarietà e le disuguaglianze hanno creato.

La precarietà non è un’emergenza del mercato del lavoro, è il più grande attacco alla democrazia italiana degli ultimi decenni. La precarietà significa essere costretti a sopravvivere e si manifesta nella fotografia del diritto allo studio negato, delle scuole che crollano, dell’aumento delle tasse all’università, dell’impossibilità di scioperare o dire no di fronte a un sopruso sul lavoro, di non poter amare la nostra compagna o il nostro compagno, di pagare un affitto o comprarsi una lavatrice ed essere indipendenti, così come lo sono i giovani nel resto d’Europa.

Per noi la precarietà è il messaggio che da vent’anni una classe dirigente ci trasmette: andatevene. Noi vogliamo restare, cambiare le nostre vite e dare un presente al nostro Paese.

Vogliamo poter dire che il nostro problema è la precarietà e l’impossibilità di costruirci un futuro. Ancora prima del posto fisso e dell’articolo 18, ci interessa costruire un paradigma diverso, un altro modello di sviluppo e un welfare diverso, che ricomponga le sue basi sui principali diritti di cittadinanza.

Abbiamo proposte migliori di quelle del Governo. Noi chiediamo di investire su Università e Ricerca, di riconvertire ecologicamente il nostro sistema industriale per creare buoni e nuovi posti di lavoro.

Chiediamo un modello di welfare universale, finanziato dalla fiscalità generale e da una patrimoniale che colpisca chi finora non ha mai pagato la crisi: rendite parassitarie, profitti finanziari, grandi capitali. Un welfare che si faccia promotore e fattore di crescita, personale prima che economica, e insieme garanzia di diritti e tutele.

Chiediamo che venga bandita sul serio la truffa della precarietà. Ad un lavoro stabile deve corrispondere un contratto stabile e i diritti fondamentali devono essere estesi a tutte le forme di lavoro: l’equo compenso, il diritto universale alla maternità/paternità e alla malattia, i diritti sindacali, il diritto ad una pensione dignitosa, la continuità di reddito nei periodi di non lavoro, la formazione continua.

Chiediamo infine un reddito minimo, fatto di sussidi e servizi, per garantire la dignità della vita e del lavoro com’è in tutti i paesi europei (e come definito nella risoluzione del Parlamento europeo 2010/2039, approvata  – a larghissima maggioranza – il 20 ottobre 2010).

E’ necessaria una grande mobilitazione contro la precarietà, per il reddito, per i saperi e per l’estensione dei diritti e delle tutele: per un Paese diverso e per una nuova idea di cittadinanza, fuori e dentro il lavoro.

L’alternativa è il cambiamento, non il mantenimento di pochi diritti e o la versione soft ma non meno triste della precarietà. Vogliamo un altro Paese e un’altra politica. E vogliamo dirlo noi, non lasciamo più che siano altri a farlo.

Se il pasticcio sugli esodati è ormai sotto gli occhi di tutti, sulla riforma del lavoro – già passata al Senato e di prossima approvazione alla Camera – la ministra Fornero ha invece centrato in pieno l’obiettivo: meno diritti per tutti è la ricetta dei tecnici per allineare, al ribasso, le condizioni di lavoratori regolari e cosiddetti atipici (se ne contano almeno 4 milioni, a quale soglia bisogna arrivare per non essere considerati più un’eccezione alla norma?) e finora nessuno sembra intenzionato a bloccarla.

Per mesi, il dibattito sull’articolo 18 - di fatto smantellato dalla riforma – ha funzionato da specchietto per le allodole, facendo passare sotto silenzio gli altri contenuti del ddl.

Il ritornello sul pacchetto che avrebbero favorito l’occupazione dei giovani ha resistito indenne, nonostante le annunciate misure per contrastare la precarietà e garantire un welfare inclusivo non siano mai pervenute.

Niente taglio delle oltre 40 forme contrattuali precarie oggi in vigore, nessuna forma di tutela veramente universale per la perdita del posto di lavoro – i criteri di accesso alla nuova AspI, l’Assicurazione Sociale per l’Impiego, confermano l’esclusione di milioni di lavoratrici e lavoratori non impiegati in lavori standard da qualsiasi garanzia sociale -, di continuità del reddito neanche a parlarne e a sostegno della conciliazione tra tempi di vita e tempi di lavoro e dell’occupazione femminile – altro tormentone della ministra – un misero giorno di congedo obbligatorio per i padri, più due facoltativi.

Aumenta invece, dal 27 al 33%, l’aliquota Inps Gestione Separata per le partite Iva, già penalizzate da un’aliquota previdenziale superiore a quella di qualsiasi altro soggetto produttivo in Italia.

Nonostante questo, la capogruppo del Pd in Senato Anna Finocchiaro ha definito il testo “un ottimo compromesso”, mentre la numero uno della Cgil Susanna Camusso ha ammesso che “i giovani sono stati solo usati”, ma ha rinunciato a convocare lo sciopero generale.

Ancora, in nome dei giovani, il Presidente Monti rivendica una riforma che scaraventerà i professionisti con partita iva in un presente e un futuro di povertà e che lascia soli i circa 4 milioni di precari del nostro paese: per loro, se il contratto scade, nessun reddito né welfare ma solo, per chi può, l’aiuto delle famiglie, anche di quelle sempre più povere.

Tutto questo in un paese in cui sale al 36% la disoccupazione giovanile (Istat); in cui un ragazzo su 6 cade in povertà quando rimane senza lavoro (Banca d’Italia); in cui più giovani e istruiti lasciano il paese per cercare opportunità altrove ed il paese tutto è trascinato nella precarietà e nella povertà: nessuno si salva, né giovani né anziani, né precari né pensionati.

Il pomeriggio e la sera di sabato 16 Giugno, a partire dalle 18.00, racconteremo dei nostri talenti, dei mestieri, della creatività e della vita delle giovani generazioni e del nostro paese ma denunceremo anche la sistematica marginalizzazione e lo sfruttamento proprio di quelle risorse che potrebbero salvare l’Italia e il futuro di tutte e tutti noi.

Racconteremo di come le politiche di austerity di questo Governo rappresentino un invito alla fuga, ma racconteremo anche che quelle politiche e quell’invito funesto noi lo respingiamo. Restiamo qui, per riprenderci la nostra vita e il notro paese. L’invito ad andarsene va rivolto non a chi potrebbe salvare l’Italia, ma a chi la sfrutta, la deprime e la impoverisce.''


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