Antimafia: due candidati in Abruzzo erano ''impresentabili''

11 Febbraio 2011   15:08  

Nella lista dell'antimafia dei 45 nomi di candidati cosiddetti ''impresentabili'' alle amministrative del 2010, incappati in condanne definitive e non, ci sono anche due candidati abruzzesi, e chi li ha candidati avrebbe dunque violato il codice di autoregolamentazione o di eleggibilità voluto dal presidente della commissione antimafia, Beppe Pisanu.

I due ''impresentabili'' abruzzesi sono, a quanto riferisce il quotidiano il Centro: un candidato non eletto in una lista civica di Chieti, aggregata allo schieramento di centrodestra che ha vinto la tornata di aprile, formata da un gruppo cittadino Popolo di Chieti-Popolo d'Abruzzo, con una componente della Lega Nord di Umberto Bossi.

Il secondo è un candidato alle provinciali aquilane che faceva parte della lista marsicana 'Una Provincia per tutti che sosteneva Augusto Scoccia alla presidenza, e che non ha superato il quorum.

In particolare nella lista dei 45 sono ventinove i candidati che hanno fatto la campagna elettorale con un condanna per estorsione in tasca, tre per usura, quattro per associazione di stampo mafioso, molti sorvegliati speciali e un condannato per riciclaggio.

Questa la lista completa ( priva pero di dati anagrafici) dei 45 impresentabili, divisi per regioni e partiti:

Puglia (10),

Campania (9)

Calabria (8) 

Sicilia (8)

Lazio (5)

Basilicata (3)

Abruzzo (2)

Quasi tutti i partiti sono coinvolti:

Pdl (2)

Pd (2)

Mpa (2)

Api (1)

La Destra (1)

Rifondazione-Sinistra europea (1)

Socialisti uniti-Psi (1)

Udc (2).

La Lega non c'è ma è pure vero che molte prefetture del nord si sono trincerate dietro la difesa della privacy.

'' Il lavoro della commissione non è stato facile, fa notare il senatore Giuseppe Lumia - è bastato poco alla commissione antimafia per evidenziare il rapporto mafia politica alle ultime amministrative regionali. Sono stati rilevati 45 casi palesi, ma i numeri potevano essere maggiori se tutte le prefetture avessero collaborato apertamente. Alcune di esse, come la prefettura di Milano, si sono trincerate dietro la privacy e non hanno fornito i dati. A questo punto bisogna capire se dietro tale scelta scellerata ci sia stata qualche indicazione del ministero dell'interno e del governo, dato che ben 22 prefetture hanno utilizzato questo escamotage''.


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