Crollo civico 123 via XX Settembre: lo Iacp citato a giudizio

20 Ottobre 2011   15:43  

Con la citazione a responsabile civile dello Iacp (Istituto autonomo case popolari) da parte dei familiari delle vittime, si e' aperto stamane il processo dibattimentale sul crollo del palazzo di via XX Settembre, al civico 123, dove morirono cinque persone.

Imputato di omicidio colposo plurimo e disastro colposo il collaudatore statico, Leonardo Carulli, 85 anni. Ravvisate le stesse accuse per altre 2 persone che sono decedute. Stamane le parti civili (rappresentate dagli avvocati Stefano Rossi e Monica Badia) hanno citato quale responsabile civile, l'istituto autonomo case popolari (che dall'Incis ha ereditato il patrimonio immobiliare di residenza residenziale popolare), rappresentato dall'avvocato Paolo Vecchioli, che a sua volta nel processo risulta parte offesa.

Lo stesso legale ha infatti citato quale responsabile civile, l'imputato, Leonardo Carulli che assieme ai legali di fiducia non era in aula perche' bloccati nel nubifragio che ha interessato anche la Capitale.

Il Comune dell'Aquila, rappresentato dall'avvocato Domenico De Nardis, si e' costituito parte civile, chiedendo un risarcimento di un milione di euro.

L'udienza e' stata aggiornata all'8 novembre. In particolare l'ingegnere Leonardo Carulli, residente a Roma ma pugliese di origine, in qualita' di collaudatore statico delle strutture portanti dell'edificio "non avrebbe adempiuto correttamente agli obblighi derivanti dall'incarico ricevuto.

Non avrebbe accertato il rispetto della distanza minima delle staffe e lo spessore dei copriferri; infatti le strutture avevano una quantita' di staffe inferiore al minimo imposto dalla normativa all'epoca vigente e con copriferro insufficiente; non ha rilevato la realizzazione delle strutture in maniera rispondente alle prescrizioni". Sempre a Carulli, il pm Fabio Picuti contesta di aver rilasciato il certificato di collaudo statico in base ad un'unica prova sui materiali, in particolare sui calcestruzzi eseguita sul quarto piano della struttura.

Ma le colpe non sarebbero solo sue. Il crollo del palazzo sarebbe stato comunque causato anche ad altri errori attribuiti ai due tecnici deceduti. Il direttore dei lavori negli anni 1957-1960, avrebbe consentito la realizzazione delle strutture portanti dell'edificio con una quantita' di staffe inferiore a quanto stabilito dalla normativa all'epoca vigente e con copriferro generalmente insufficiente.

Il direttore dei lavori avrebbe consentito "l'impiego di materiale costruttivo scadente, calcestruzzo di scarsa qualita', fortemente disomogeneo, con resistenza minima particolarmente bassa e in complesso di qualita' mediamente inferiore rispetto alle assunzioni progettuali e delle prescrizioni del Capitolato speciale di appalto; egli consentiva la realizzazione di strutture portanti dell'edificio in assenza delle prescritte prove sui materiali da parte di laboratori ufficiali: in particolare risulta agli atti una unica prova sui calcestruzzi eseguita sul quarto piano della struttura".

L'ingegnere titolare dell'impresa esecutrice e redattore dei calcoli strutturali (anche lui deceduto) e' accusato "di non avere redatto il progetto strutturale esecutivo e realizzava strutture portanti dell edificio non rispondenti alle prescrizioni. In particolare una delle travi del piano rialzato non risultava ancorata in alcun modo alla struttura verticale (parete-pilastro)". Il coinvolgimento delle persone decedute, e' stato fatto soltanto per chiamare in causa i loro eredi, ai fini esclusivamente risarcitori, se responsabili. Sotto le macerie hanno perso la vita cinque persone: Piervincenzo Gioia, Katia Cialone, Rosina Di Filippo, Claudia Carosi e Anna Cocco. Altri inquilini sono riusciti a scappare facendosi largo tra i sassi ma riportando traumi indelebili sotto il profilo psicologico.




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