Discarica di Bussi, chiesto il rinvio a giudizio per i 27 imputati

02 Novembre 2010   14:51  

Per la discarica dei veleni di Bussi ancora  tante udienze da svolgere prima della fase dibattimentale prevista per aprile, ma intanto quella di oggi al Tribunale di Pescara, é stata comunque una seduta importante, caratterizzata in apertura dalla richiesta subito rigettata dal Gup De Niniis di rito abbreviato per l'ex presidente dell'Ato 4 Giorgio D'Ambrosio. 

La richiesta del rito abbreviato era subordinata ad una perizia relativa all'estate del 2007 "per accertare - spiega il suo avvocato Giuseppe Amicarelli - se la scelta di garantire comunque ai cittadini il servizio idrico, nel dubbio tutto da chiarire che l'acqua fosse inquinata, sia stata più opportuna rispetto alla decisione di chiudere i pozzi". Una richiesta inaccoglibile per il Gup Luca De Niniis. Su D'Ambrosio pendono capi d'accusa importanti come il concorso in disastro doloso, concorso in erogazione di acque adulterate e turbativa d'asta relativa alla gara d'appalto per l'acquisto di filtri. In tarda mattinata é stata la volta del Pm Annarita Mantini che ha cominciato a relazionare e ad illustrare le ragioni per le quali, secondo il suo punto di vista, tutti gli imputati devono essere rinviati a giudizio, dai vertici della Montedison fino agli amministratori locali.

Al termine di circa 4 ore e mezzo di requisitoria davanti al gup del Tribunale di Pescara, Luca De Ninis, il pubblico ministero Annarita Mantini ha chiesto il rinvio a giudizio per tutti e 27 gli imputati (e per tutti i reati) nell'inchiesta sulla maxi discarica interrata trovata nel 2007 a Bussi sul Tirino, nella zona del polo chimico, a poca distanza dal fiume Pescara. Tra gli imputati gli ex amministratori della Montedison, l'ex presidente dell'Aca Bruno Catena, e l'ex presidente dell'Ato Giorgio D'Ambrosio.
Mantini ha parlato di un "filo rosso della vergogna" che lega sia la Montedison che gli amministratori di Aca e Ato, finalizzata a non far conoscere, e a non far sapere a chi non sapeva che c'era l'inquinamento, per non creare allarmismi. Dopo aver riscostruito le vicende della Montedison e aver parlato della sua politica ambientale il pm ha sostenuto che si sapeva della contaminazione dell'acqua a partire dagli anni '90 e dal '94 sarebbe cominciata l'opera finalizzata a nascondere e falsificare dati, mantenendo cosi' una situazione "di disastro". Si sosteneva che l'acqua fosse potabile perche' la legge prevedeva l'esame solo di determinati parametri, quelli sulla potabilita'. Per il pm, pero' non ci si puo' nascondere dietro quei parametri. E' evidente, sempre per il pm, che non si cercassero appositamente le sostanze e i parametri inquinanti perche' si sapeva di poterli trovare, e ci si nascondesse dietro il dato normativo. L'acqua avvelenata, ha sostenuto, veniva miscelata con quella buona del Giardino ma probabilmente nessuno l'avrebbe bevuta perche' e' come bere l'acqua di una pozzanghera mischiata con quella buona. Tutto sarebbe stato messo a tacere per evitare investimenti sul sito inquinato per cui "il filo rosso" di questa vicenda e' "il vile denaro". Intanto il legale di Giorgio D'Ambrosio ha presentato richiesta di rito abbreviato subordinato a una perizia per stabilire se fosse stato piu' rischioso, nel 2007, chiudere i pozzi Sant'Angelo e lasciare la vallata a secco o erogare l'acqua per qualche mese cercando nel frattempo una soluzione. Richiesta respinta dal gup. Tra i reati figurano avvelenamento delle acque, disastro doloso, commercio di sostanze contraffatte e adulterate, delitti colposi contro la salute pubblica, turbata liberta' degli incanti e truffa.


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