Dottor Boschi, ci lasci la nostra scossa quotidiana

Lettera aperta

15 Settembre 2010   19:55  

Esimio et Ill.mo

Dottor Enzo Boschi

Chi le scrive è un terremotato medio, terremotato non per sua scelta. E le scrive innanzitutto per ringraziarla pubblicamente per aver desistito dalla sciagurata intenzione di oscurare il sito web dell'Ingv, che ora dopo ora ci informa sulle scosse che animano la nostra vita quotidiana, sul dove esse avvengono, e con quale incontestabile intensità e profondità.

E' un ripensamento dottor Boschi, che le fa onore, perché vede, la notizia di un oscuramento di questo sito avrebbe gettato me e buona parte di noi terremotati medi nello sconforto e nello smarrimento più cupo, e l'effetto sul già fragile tessuto sociale della città sarebbe stato lacerante.

Deve sapere infatti che il sito dell'Ingv per noi terremotati medi è qualcosa di più di un sito. E' una ragione di vita, un bene di primissima necessità. Quel cerchietto bianco con una stellina in mezzo che indica la località teatro dell'ultimo ballo della terra, delimita oramai la nostra identità culturale, il nostro senso di appartenenza. Il nostro precarissimo genius loci. Come l'arrosticino e il pecorino canestrato, il terremoto, ammettiamolo, è il nostro vero prodotto tipico.

Prima del sisma del sei aprile, dottor Boschi, in ufficio passavo il tempo a navigare su facebook o a giocare al campo minato. Ora invece sto tutto il giorno con lo sguardo fisso su quelle stringhe di numeri, latitudini e magnitudo, in attesa di un aggiornamento. In attesa che Lui, il terremoto, si faccia nuovamente vivo.

Nei bar, durante la fila alla posta, alla fermata dell'autobus, quale crede che sia l'argomento di discussione pressoché incontrastato? Il calcio? La politica? Il Grande Fratello? La ricostruzione? Ma suvvia, per carità: è il terremoto! O meglio, la scossa che ha fatto e quella che farà.

Con un corso accelerato e fai-da-te siamo diventati tutti geologi, sismologi e anche indovini. Conosciamo a memoria non solo le sequenze di eventi degli ultimi dieci giorni almeno. Ma anche le carte geologiche di tutte faglie abruzzesi ci sono oramai familiari come le rughe sulla fronte di nostro nonno, o come le linee del destino tracciate sulle nostre mani. Qualcuno che spicca per erudizione nei nostri lunghi ragionamenti sismici, si documenta su siti che riferiscono anche delle scosse strumentali, di infima magnitudo.

Mescolando e ricomponendo quei numeri che lei ci fornisce quotidianamente attraverso il sito, dottor Boschi, noi ci esercitiamo in una quotidiana Kabbala. E la prego di credermi è questo uno degli approcci da noi utilizzati più scientifici.

Un postino pensionato ad esempio sta riscuotendo molto consenso e credito perché sostiene di poter prevedere una scossa entro le 333 ore a venire leggendo il fondo di una tazzina del caffè. Un commercialista si è specializzato nello studiare il movimento sotterraneo dei lombrichi, e sostiene che intersecando il tracciato dei loro tunnel ipogei e calcolando gli angoli moltiplicandoli poi per le radici quadrate della velocità del loro scavare, è possibile avere elementi utili per considerare fortemente probabile un terremoto di magnitudo superiore al 4.3 entro le 3,4 ore.

Le racconto poi un aneddoto: una fruttivendola di mia conoscenza mi ha chiamato nel cuore della notte qualche giorno fa, perché le sue galline, spiegava allarmata, si comportavano in modo alquanto strano e davano segni di forte nervosismo. Mi ha pregato di andare subito a dormire in macchina e di avvertire quante più persone possibili. Poi purtroppo la notte stessa i suoi precursori sismici sono stati sbranati da una volpe e lei non si è più fatta sentire.

Tutto ciò è un pò strano, lo ammetto. Prima del sei aprile parole come magnitudo, faglia, sciame sismico, radon erano pressoché sconosciute. Il terremoto pensavamo fosse un qualcosa che non ci riguardasse in alcun modo, bensì un peculiarità esclusiva di luoghi lontani, come i caciocavalli podolici per l'Irpinia.

Ora invece tutto è cambiato. Non parliamo d'altro, siamo diventati monotematici. Ad amici e parenti si telefona quasi esclusivamente in caso di scossa, per sincerarsi che tutti l'abbiano sentita, come e dove, per commentare a caldo le singole reazioni e stati d'animo, come durante la moviola di Aldo Biscardi.

E le rivelo una cosa, dottor Boschi: a me ed altri non interessa affatto prevedere il terremoto. Ci basta sapere che un terremoto sia avvenuto, vicino o lontano debole o forte. E che nessuno lo possa negare, perché appunto  registrato con inoppugnabile autorevolezza, magnitudo e localizzazione sul suo sito web.

In questa strambissima condizione di cittadini senza più una città, il terremoto ci fa sentire comunità, che offre con il suo accadere quotidiano una ragione dello stare insieme, del far parte dello stesso destino.

Quelle sequenze di coordinate e magnitudo, dottor Boschi, per me sono un rosario da snocciolare, un velo nero simile a quello che indossano per il resto della loro vita le vedove dei nostri paesi in segno di lutto.

E tutto ciò mi rassicura, perché non mi fa pensare. Perché ad esempio mi chiedo se non sarebbe meglio andare a vivere in un centro storico di un'altra città a caso, piuttosto che aspettare 15 anni che rifacciano quello dove abitavo.

Perché preferirei andare a vivere sotto un ponte piuttosto che affrontare un'altra riunione di còndomini terremotati che ora fanno parte del mio consorzio, che al confronto la striscia di Gaza è un paradiso di tolleranza e pacifica collaborazione.

Perché solo il pensiero della ricostruzione, del rimboccarsi le maniche, mi fa venire il mal di testa.

Perché non mi sento all'altezza, lo ammetto, non so da dove cominciare.

Forse non ci ero portato a fare il terremotato, e poi comunque è la mia prima volta, non c'ho esperienza.

E solo l'idea di volare mi fa venire le vertigini. Ma finché la terra trema, io avrò un punto fermo.

Cordiali saluti, Immota Manet


di Filippo Tronca


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