Eluana Englaro: due opinioni a confronto

La politica non si esprime

20 Novembre 2008   14:15  
“Come ai tempi della Rivoluzione francese, si ricorre ai processi sommari - dichiara Agnese Pellegrini, già capolista di “Aborto? No, grazie” in Abruzzo e Molise - per cancellare i valori che infastidiscono la cultura dominante.

Nei giorni scorsi, il diritto è stato strumentalizzato per condannare a morte una giovane donna colpevole di vivere. Da parte dei politici abruzzesi neanche una parola. Purtroppo, oggi la politica non si interessa dei problemi veri dei cittadini e quando esplode un problema la “soluzione” arriva con una sentenza. In Abruzzo ci sono migliaia di famiglie con genitori e figli gravemente disabili e molte potrebbero trovarsi nelle condizioni degli Englaro.

Si “risolveranno” i loro problemi sterminando i più deboli? La Regione ha competenze importanti in materia sanitaria eppure la campagna elettorale sta trascorrendo nel silenzio di tutti i partiti sui temi della vita, della salute, dell’aborto, dell’eutanasia. Si prenda una posizione, prima di trovarsi a “gestire” a colpi di sentenze un caso Eluana anche in Abruzzo”.


Cara Agnese,

francamente non trovo che nel caso di Eluana “il diritto sia stato strumentalizzato per condannare a morte una giovane donna colpevole di vivere”, come lei ha affermato.

Non mi stupisce tuttavia che lei tratti aborto ed interruzione dell’accanimento terapeutico con lo stesso fervore. Lei è una donna, e per mezzo della sua sensibilità sa bene che i due ambiti, per certi aspetti, si compenetrano quasi fino a non distinguersi più.

Come il feto nei primi anni di vita, anche la persona soggetta a stato comatoso irreversibile abita in una sorta di grembo materno, cullata -forse, non lo sappiamo- dalla voce del genitore via via sempre più stremato dal silenzio cerebrale del figlio, dalle piaghe da decubito, dagli organi che si deteriorano giorno dopo giorno.

Si, grembo materno e coma sono simili, l’uno dovrebbe portare naturalmente alla vita, l’altro ‘altrettanto naturalmente’ alla morte. In entrambi i casi il soggetto che abita le due situazioni non può esprimersi, e dipende completamente dalla volontà delle persone che lo circondano, che lo curano, che lo portano dentro se stesse.

Mi sento più piccola della Vita, e non in diritto di arrestarla. Ma proprio per questa fiducia nell’esistenza che considero un dono immenso, e che ritengo più intelligente di me, non mi arrogherei mai il diritto di giudicarla quando Essa sceglie di congedarsi da un veicolo corporeo logoro, brutalmente attaccato alla pellicola spazio-temporale per mezzo, non della volontà di Dio, ma della macchina, istruita e progettata dall’uomo che non si arrende alla morte, nemmeno quando si dice religioso, violando quella natura che è espressione della Divinità per i cattolici, e Fonte d'inestimabile intelligenza per i laici.

Cara Agnese per me il vero peccato è andare contro natura, e ossia contro la liberazione dell’anima da un corpo che ha estinto le sue funzioni, e che naturalmente dovrebbe disfarsi.

Per me la vera strumentalizzazione la fa chi parla con asprezza e tinte forti di cose talmente fuori dalla nostra portata da intimare il silenzio. Porre fine ad uno stato vegetativo di oltre 16 anni non significa "sterminare il più debole", ma prendere la decisione più ingrata e difficile che possa capitare nel corso di una vita. La complessità va affrontata attraverso conflitto e confronto, non per mezzo del giudizio, che francamente considero anticristiano più di aborto ed eutanasia.

Il rispetto verso la libertà dell’altro, amarlo in ciò che non avremmo fatto, questo è per me il segno della maturità intellettuale ed emotiva di un Paese che cerca di "conoscere" prima di parlare, e soprattutto si mette nei panni stretti, logori e ingrati dell’altro, prima di legiferare.

La ringrazio sinceramente e la ammiro per aver preso una posizione, perché su queste cose è meglio far luce piuttosto che chiudere gli occhi, fingendo che non ci riguardi.

In Africa si dice che quando qualcuno è malato lo sono tutti. Quando si stacca la spina o si pratica l’aborto è una parte di noi che lo sta facendo. Incontriamo questa parte, confortiamola, non chiudiamole la porta in faccia.


Giovanna Di Carlo

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