Federalismo salvezza d'Abruzzo

di Nicola Facciolini

20 Ottobre 2010   08:00  

Primum vivere deinde filosophari. Il federalismo fiscale che trasferisce i beni demaniali dallo Stato centrale agli Enti locali, è la riforma epocale che cambierà alle fondamenta la geografia politico-istituzionale regionale. E la musica cambierà davvero anche in Abruzzo perché c’è una regione sana che non è ancora scesa nell’agone politico per timore di finire chissà dove e come. Perché c’è una mancata classe dirigente di giovani (molti cattolici) che non ha mai fatto Politica. Senza alcuna iscrizione ai partiti. Giovani che temono, da indipendenti e una volta eletti, di finire incastrati negli aberranti meccanismi dei poteri oscuri che non sono né di destra né di centro né di sinistra.

I numeri veri parlano chiaro mentre la qualità generale della vita nelle nostre città precipita. Un’alta percentuale di persone perbene nelle prossime elezioni non si recherà alle urne, per disgusto e per rassegnazione all’ineluttabile condizione in cui versa il sistema sociale, culturale, politico, economico e finanziario locale. Quando a farla da padrone non è la povertà delle famiglie perbene incapaci di finanziare la campagna elettorale e quindi di fare politica, allora è la mancata fiducia nello sviluppo economico regionale a soffocare ogni altra legittima aspirazione.

In Abruzzo e nel Sud d’Italia, lo scenario è disastroso. C’è una massa di imprenditori e di lavoratori che producono la ricchezza nazionale, a Sud come al Nord, che non entrerà mai nelle stanze dei bottoni della Politica e delle Istituzioni. Persone oneste e laboriose che rifiutano di subire con le loro famiglie il calvario italiota del cursus honorum! Le vessazioni di una classe dirigente incapace, magari perché al soldo di poteri oscuri che nulla hanno a che spartire con la legalità, hanno finora contribuito a dipingere il quadro fosco per la Democrazia. La medicina rigenerativa è il federalismo: potrà sfoderare le sue armi migliori grazie al combinato disposto della legalità nella funzione pubblica e della partecipazione alla vita politica di una nuova classe dirigente territoriale che nutra la massima fiducia e solidarietà verso le Forze dell’Ordine, la Magistratura. Il Paese sano che vuole scrollarsi di dosso 150 anni di mafie soffocanti.

L’Italia che lavora e produce, guarda avanti. I 952 rappresentanti del Popolo sovrano (Art. 1, Costituzione) ne sono consapevoli? Perché i Parlamentari nazionali e regionali non guadagnano come i loro colleghi svizzeri, vivendo del proprio lavoro? Ben vengano i tagli sacrificali del debito pubblico purché prevedano e dispongano lo stop alle grandi abbuffate regionali e i grandi sviluppi scientifici e tecnologici così normali negli Stati Uniti d’America. Lo Stato Italia deve costare meno ai cittadini e la mannaia deve tagliare, non la ricerca scientifica e tecnologica, bensì la variegata giungla di parassiti che ammorbano poltrone, incarichi e prebende nei meandri della costosa macchina pubblica. Vallo a spiegare ai pachidermi ingrassati, parassitari ed assistiti del democristianume della prima Repubblica e mezzo, che si riempiono la bocca di paroloni altisonanti su persona, libertà d’impresa e giustizia, facendo poi l’esatto contrario sul territorio.

Ostentano sicurezza per il potere conquistato e consolidato nel proprio castello di marzapane. Un penoso tritume d’altri tempi. Sepolcri imbiancati delle ere geologiche che furono. Allora, stop alla superfetazione di commissioni regionali ad hoc per studiare o monitorare fenomeni e problematiche astrali senza soluzione di continuità e senza storia. Magari per la solita infornata dei cooptati, per appesantire la busta paga del parente di turno e per ingrassare il partito a tempo indeterminato, magari cambiando pelle e nome quando occorre, stando bene attenti a conservare la doppia targa e tessera! Stop all’assunzione di esperti, consulenti e collaboratori di famiglia tra gli eletti del popolo sovrano. Occorre varare un intreccio di misure per correggere i conti e far ripartire lo sviluppo in Abruzzo, per accelerare sulla riforma del federalismo fiscale sempre più urgente: l’unica svolta strutturale in grado di risanare per davvero i conti dell’Italia e dell’Abruzzo. Sono le piccolissime e medie imprese a far ripartire l’Italia, non le politiche della spesa pubblica e della demeritocrazia. Occorre una cura da cavallo! Ma non facciamola pagare ai nostri scienziati.

Il ministro dell’Economia Giulio Tremonti del Governo Berlusconi, ha annunciato la creazione di Reti d’impresa per ottenere benefici fiscali e migliorare la capacità di incidere sui mercati, ma anche zone a burocrazia zero dove per aprire un’attività ci si potrà rivolgere ad un solo soggetto. Per la riduzione del rapporto deficit-pil, Tremonti ha avvertito Regioni, Province e Comuni che per uscire dalla difficile congiuntura economica c’è bisogno dell’aiuto e dei sacrifici di tutti. Una riflessione è d’obbligo. In fondo, il federalismo è tutta una questione di numeri che spaventano per le ricadute che potrebbero avere non solo nei servizi ai cittadini che le Regioni devono erogare. I dirigenti regionali hanno il dovere di chiedere e conoscere le cifre in modo chiaro e puntuale, e di partecipare ad uno sforzo di governo della spesa pubblica.

Senza sapere quali sono i riferimenti complessivi (sarebbe assurdo) il federalismo non parte. Se disgraziatamente le Regioni dovessero spaccarsi, perché alla fine il conto da pagare c’è ed è salato visto il divario tra regioni ricche e povere (in tal caso i Governatori dovranno risponderne di fronte ai loro cittadini elettori), non vorremmo che il problema burocratico sfociasse come al solito nel politichese all’italiana dei vecchi trasformismi da prima repubblica e mezzo. Mentre i burocrati e i poteri oscuri responsabili della mancata applicazione del federalismo, magari anche in Abruzzo, prima dell’aereo per le Bahamas, magari la fanno franca! Preoccupati sono i cittadini abruzzesi. Non solo i Governatori di Centrodestra.

E’ naturale. Cambino la loro classe dirigente ereditata dalle sinistre. Anche la Regione Abruzzo deve costare meno. Si ascoltino gli appelli istituzionali che avvertono su un fatto inequivocabile: è stato raschiato il fondo del barile della spesa pubblica. Quanto sarebbe costato proclamare L’Aquila Capitale d’Abruzzo? Ma non è stato fatto. Dopo il tremendo terremoto del 6 aprile 2009 (Mw=6.3; 309 morti) e la passerella del G8, era il minimo che si potesse fare subito! Certamente la situazione economica è molto difficile ma è l’ora del federalismo solidale. Inutile poi parlare di “manovra irricevibile” se non si fa una scelta netta davanti al Popolo sovrano, in un momento di crisi che pesa sulle fasce più deboli. Inutile parlare poi di “manovra recessiva che blocca i segnali di ripresa e anticipa gli effetti di un federalismo che ancora non c’è”. Questa è la via verso il federalismo fiscale.

Una via obbligata per tutti. Le piccole e medie imprese, grazie al micro-credito, devono essere le protagoniste assolute del risveglio e dello sviluppo economico territoriale e nazionale. Solo così l’Abruzzo con tutto il Meridione può decollare davvero, aprendo le sue porte alle grandi iniziative strategiche in campo energetico (Idrogeno e metano, non petrolio!), scientifico e tecnologico (centri di eccellenza e industrie spaziali con annesso il primo spazioporto d’Abruzzo).

I burocrati detrattori del Bel Paese sono avvisati. Lo sfratto democratico è sempre salutare. I tagli sacrificali del debito pubblico sono necessari e vanno fatti subito avendo ben chiara la nuova “visione” dell’Abruzzo nell’Italia e nell’Europa che intendiamo costruire. Se non sappiamo da dove veniamo, come possiamo sapere dove andiamo? Basta suonare l’Inno di Mameli? Non siamo schiavi di Roma! Ma Fratelli e Sorelle di Roma!

Le sinistre onnipresenti in tutti gli schieramenti, perduti i loro riferimenti storico-ideologici, balbettano e temporeggiano per salvare i loro privilegi e sprechi. E’ giunta l’ora di realizzare un bel museo delle cere d’Abruzzo per tutti loro. Occorre premiare la piccola e piccolissima impresa sorgente di cooperazione, sussidiarietà, coesione sociale e solidale, economia e lavoro sul territorio. Dalla manovra economica e dall’attuazione del federalismo fiscale, le imprese e il mondo produttivo avranno solo da guadagnarci, per costruire uno Stato federale più moderno in grado di garantire servizi migliori e maggiore sostegno anche al mondo dell’imprenditoria. Chiaramente le Regioni devono fare la loro parte per quanto riguarda il taglio di sprechi e privilegi. La Politica e la Giustizia devono “cooperare” nel rispetto dei ruoli istituzionali. A 150 anni dalla discesa dell’esercito sabaudo che con la presa della “fedelissima” fortezza di Civitella del Tronto, si chiamerà Regio Esercito Italiano (speriamo in un kolossal cinematografico degno di questo nome!), un nuovo Risorgimento attende gli Abruzzesi.

Se la ricostruzione della Città di L’Aquila non può più aspettare, così come la sua proclamazione a Capitale d’Abruzzo, l’Unità d’Italia va completata finalmente partendo dai territori e dai cittadini di buona volontà. Basta con i privilegi, basta con l’assistenzialismo per pochi fortunati, basta con la cattiva sanità, basta con le raccomandazioni, basta con le mafie. La gente del Nord e del Sud, unita e coesa, è arrabbiatissima, i portafogli languono, i conti correnti chiudono. Non se ne può più di sceneggiate, rinvii, tentennamenti, tradimenti, trasformazioni gattopardesche in corso d’opera per non cambiare nulla se non pelle, salite e discese dal carro del vincitore. Il Popolo sovrano vuole la riforma federalista in Abruzzo.

La gente è stufa dei soliti giri di valzer. Lo tsunami contro il Presidente Berlusconi si è rivelato, alla prova dei fatti, dei conti e dei regolamenti interni, un comunissimo “venticello” esofageo da affaticamento digestivo. La pillola esiste: le elezioni politiche, regionali ed amministrative anticipate. Il Paese reale ha premiato la Lega Nord per ringraziarla del Buon Governo in atto nel Paese. Ma i neofascisti ed i neocomunisti antidemocratici non ci stanno e trasversalmente tramano ed accusano la Lega Nord di tutto e di più. Sui media, sulla stampa, su Internet. Roba da film di fantascienza degna di un sequel di Avatar del regista James Cameron negli abissi di Pandora sul sistema solare di Alpha Centauri.

È vero, c’è preoccupazione nell’elettorato della Lega Nord perché alcune vicende politiche autoreferenziali, potrebbero distogliere l’attenzione degli Abruzzesi dalle riforme in atto, mai così vicine in 150 anni di storia. Bisogna fare, e non rifare, gli Italiani: nel senso, bisogna responsabilizzare gli Enti locali e gli amministratori, privilegiando i meritevoli, il principio di sussidiarietà e di solidarietà nazionale, fondati sulla valorizzazione della persona. L’Italia risorgerà insieme. Il motore dell’economia nazionale però è ancora il Nord. Ciò vuol dire che nel Sud qualcosa non funziona. E sappiamo cos’è che non funziona: non quello che appare al cinema!

La classe dirigente condizionata dalle mafie locali di destra, centro e sinistra, deve spurgarsi.

Alla Lega Nord, numeri e conti alla mano, interessano le riforme vere, non i mantra del politichese autoreferenziale:“non so ciò che voglio ma lo voglio”. Tutte queste vicende (in Abruzzo cominciate nel 1992) hanno solo come effetto negativo quello di rallentare le riforme e di neutralizzare la fiducia delle persone nella Politica. Siamo preoccupati anche come Abruzzesi. Non siamo più nel Sud ma ancora non siamo nel Nord: francamente non interessano le contrapposizioni tra Mezzogiorno e Mezzanotte, tema affascinate di eruditi editoriali così ironici da far ridere i polli.

I cittadini vogliono lo sviluppo economico incondizionato, espressione della libertà d’impresa in regime democratico di legalità. L’Italia felix è una soltanto. Non possiamo più subire “attacchi” economici esterni e spietate operazioni concorrenziali di matrice illegale. Anche se le nuove mafie emergenti, senza contare quelle di importazione orientale, vorrebbero dettare loro le regole del gioco nel mondo del lavoro! Il partito del non-cambiamento e dei privilegi feudali si oppone chiaramente alla riforma federale dello Stato. Ma non ha futuro. I cittadini ne sono consapevoli. Un po’ meno le segreterie dei partiti così lontani dalla vita delle persone.

Il democristianume da prima repubblica e mezzo, che cerca di ostacolare il cammino del federalismo inaugurato dal Carroccio, non ha speranze. La Lega Nord riconferma la sua fedeltà al Presidente Silvio Berlusconi, come garante del processo riformatore, ma lascia intendere che non starà a guardare passivamente allo sfascio del processo riformatore in atto.

Ma di quale nuova Lega Nord parlano i male informati? Il Guerriero di Giussano è pronto a sfoderare la spada della Verità, in compagnia del Leone di Venezia e del Guerriero di Capestrano. Si ricominci dalla cultura e dal sociale, lavorando anche di sabato e di domenica se necessario: magari dalla proiezione capillare del film Barbarossa di Renzo Martinelli.

Perché quanto accaduto il 22 aprile 2010 a Roma, in via della Conciliazione, non abbia più a ripetersi. Allora è venuto finalmente allo scoperto nel Paese il rischio della nascita di un partito trasversale dello status quo, il partito del No allo sviluppo economico, del No al federalismo fiscale e, quindi, del No alle riforme costituzionali che non siano state prima “benedette” dai poteri oscuri. E’ venuto fuori, soprattutto, il rischio della nascita del partito di coloro che sono sempre pronti a saltare sul carro del vincitore, probabilmente alla vigilia di nuove elezioni politiche ed amministrative, pur di non far cambiare nulla.

Il federalismo fiscale è la ragione sociale, politica e d’essere non solo della Lega Nord ma di tutti gli Italiani che vogliono agganciarsi all’Europa ed agli Stati Uniti d’America nello sviluppo sociale ed economico sostenibile, per non essere fagocitati dall’Oriente entro i prossimi 15 anni.

Il federalismo fiscale è la ragione sociale, politica e d’essere del Sud (la penisola dei giovani in cerca di lavoro, che inseguono il sogno della Padania, ossia della Repubblica Federale d’Italia) che aspira ad essere come il Nord continentale artefice del 40% del Pil nazionale, dove si vive la differenza tra l’essere e il non-essere del Bel Paese. Ma c’è chi nei potentati economici, palaziali e feudali di Roma e dintorni, scalcia come un orribile Balrog dei tempi antichi di tolkieniana memoria, organizzando il complotto e il tradimento, infliggendo colpi fiammeggianti di coda, impedendo ad una giovane classe dirigente di emergere non solo in Abruzzo ma in tutto il Paese.

Il Governo Berlusconi eletto nel 2008 deve continuare a risolvere i problemi della gente.

Gli invidiosi e i rancorosi per le ripetute vittorie della Lega Nord, coloro che hanno rinnegato il patto iniziale, vadano pure a casa, tolgano il disturbo. Il confronto e la mediazione in politica hanno dei precisi limiti. Anche le genti d’Abruzzo sono stufe: vogliono il federalismo. O la maggioranza di Centrodestra è coesa sul tema che sta a cuore agli Abruzzesi oppure è meglio chiedere agli elettori cosa ne pensano, con un voto anticipato rigeneratore. Il sacro lavacro della Democrazia è un toccasana per le stesse Istituzioni democratiche. Il programma della coalizione di Centrodestra è chiarissimo. La gente ha bisogno del federalismo, al punto che questa legge ha ottenuto in Parlamento una maggioranza più ampia di quella reale, con la sola astensione di coloro che oggi si scoprono incredibilmente conservatori a comando altrui.

Il federalismo fiscale è una legge importante e necessaria. Chi lavora con impegno deve essere premiato. La gente ha dato un riconoscimento per quest’impegno mantenuto lavorando con il Governo. La realtà oggettiva è che c’è una maggioranza di governo che sta ben lavorando. Una maggioranza che lavora male non vince le elezioni e non sopravvive a se stessa. Sull’immigrazione il Centrodestra ha seguito una linea coerente che parte dalla legge Bossi-Fini, attuata in quello che era il suo spirito: una pietra miliare che ha ancorato la presenza sul nostro territorio degli immigrati regolari all’esistenza di un lavoro e di una casa. È stata la legge Bossi-Fini a segnare una distinzione tra immigrazione regolare e clandestinità. L’immigrato regolare ha tutti i diritti e doveri, quello non regolare deve tornare a casa, perché la clandestinità è contraria alla sicurezza, ai diritti degli immigrati e all’integrazione socio-culturale che non è multiculturalismo ideologico ormai fallito. Maggiore attenzione, inoltre, va data alle cosiddette “Chinatown” che si stanno radicando sul territorio: i cinesi e tutti gli orientali che condividono questa fenomenologia sociale, urbana e culturale, devono poter scegliere se diventare italiani-europei (pagando le tasse e partecipando alla ricchezza nazionale) o ritornare a casa. Le banche controllate da fondazioni, nominate dagli Enti Locali, devono essere banche del territorio che sostengono la piccola e media impresa. La mancata conquista del federalismo in Italia potrebbe spalancare scenari di disintegrazione sociale ed economica molto simili a quelli attuali della Grecia, nostra dirimpettaia. Il Presidente Berlusconi, il vero e unico baluardo anticomunista del Paese, impedirà questi scenari disastrosi, raccogliendo molti più consensi di quelli finora conquistati.

Il meccanismo del federalismo è la nostra salvezza. La gente che lavora è stufa dei litigi in salsa extraparlamentare! Chi ha rinnegato il patto iniziale, chi ha lavorato per le sinistre come un vecchio gattopardo? Le urne, la possibilità di un voto anticipato nel caso in cui le cose si mettessero male, non vanno certamente temute. Non sono un pericolo per il Paese reale che ha già deciso e votato e non farà mancare la propria vicinanza al Premier Berlusconi. Senza riforme bisogna andare alle elezioni anticipate. Certamente il Governo Berlusconi può andare avanti ugualmente nonostante i propositi bellicosi di chi vuole sabotarlo. I Governatori d’Italia diano una mano al Presidente Berlusconi. Non c’è spazio per una maggioranza traballante e litigiosa poiché lo scranno non è un diritto naturale ma costituzionale. E la sovranità appartiene al popolo.

Bisogna amministrare la cosa pubblica con diligenza. Per farlo le Regioni devono poter contare su una classe politica candida come la neve! Altrimenti sarà il loro fallimento. Se l’Ente fallisce, si va ad elezioni, ma nessuno dei politici responsabili del fallimento potrà ripresentarsi per un bel po’ di tempo. Sarà la società civile a vigilare. Nel frattempo bisognerà studiare anche un adeguato ammodernamento del sistema fiscale. L’Italia si appoggia per buona parte sulla Riforma Preti-Visentini degli anni ’70 fondata su imposte dirette e centrali, poco conciliabile col federalismo. Tutto questo dovrà armonizzarsi con il controllo del debito. Il ministro Calderoli ha sempre rassicurato tutti. “Non c’è bisogno di un euro” – ha rilevato sottolineando che tra definizione dei costi e lotta all’evasione più stringente perché basata a livello locale, le uscite non aumenteranno.
La Riforma Visentini è stata una delle cause del forte indebitamento pubblico. Non è un mistero che la centralizzazione della riscossione serva a manovrare più facilmente i capitoli di spesa per ottenere più consenso. Riorganizzare le strutture di spesa e promuovere il federalismo fiscale, lo strumento più appropriato per responsabilizzare le Regioni, sono i due principali comandamenti. Le Regioni che non si adeguano falliscono con la loro classe dirigente. Per questo motivo occorre ripensare il nostro stare insieme come Nazione, per rilanciare la coesione sociale. Occorre fare la nostra parte per nutrire il dibattito pubblico sulla Questione Federale, finalizzando l’azione politico-culturale locale e rivendicando una libertà di movimento e di autonomia crescente che favorisca in Abruzzo il nuovo dinamismo economico.

Agli Abruzzesi sta a cuore non la conservazione del potere nei potentati locali, bensì la soluzione dei loro problemi storici che attanagliano la nostra regione di confine tra le due principali questioni del Nord e del Sud Italia. Settentrione e Meridione, passando per il Centro, sono state finora condizionate da un disegno politico francamente assurdo. Ingiustamente condizionate, non comunicanti, anzi divergenti, Mezzanotte e Mezzogiorno sono in verità il frutto marcio della vecchia partitocrazia, madre sempre gravida di ogni ingiustizia sociale ed economica. In particolare di un Pil pro capite (Istat) che a Nord è di circa 30 mila euro l’anno versus i 17 mila al Sud.

Il federalismo ideato, pensato e voluto dalla Lega Nord nel Governo Berlusconi, è sicuramente utile per sanare questo divario, ma sul territorio occorre una classe politica volenterosa e preparata che sappia evitare la deriva secessionista strisciante alimentata dalle regie occulte in servizio permanente effettivo. Una secessione che de facto sotto il profilo economico è già quasi reale.

Due “Italie” corrono il rischio di fronteggiarsi a causa delle vecchie politiche: il distacco tra Nord e Sud deve essere colmato grazie a un nuovo miracolo economico che sani gli squilibri storici degli ultimi 150 anni, con piccoli e grandi progetti visibili, efficaci, capaci di creare milioni di posti di lavoro e di neutralizzare la disoccupazione. Il federalismo, allora, serve a integrare di più e meglio l’Italia nella misura in cui riusciamo a far capire alle persone i suoi meccanismi politici, culturali, sociali, economici e istituzionali. Si lavora per progetti!

In questo la Lega Nord che alcuni vorrebbero semplicemente far sparire dalla scena politica nazionale e internazionale, è imbattibile e insostituibile. C’è molto lavoro da fare sul territorio e nel confronto tra Regione e Governo. Dobbiamo lavorare insieme molto bene perché il federalismo è la più grande riforma epocale per il bene comune nel nostro Paese.

Il cuore del federalismo ben fatto è la virtuosità che bisogna valorizzare e premiare nei nostri territori. Non ci si può limitare a sanzionare chi la sfora. In questo la Lega Nord è sicura maestra e picchierà i pugni su ogni tavolo perché i partiti e i governi locali lo capiscano, chiedendo un premio alla virtù. La Regione Abruzzo non può che avvinarsi alle regioni modello se intende risolvere i suoi problemi ereditati. Allo stesso tempo, non ci sono più giustificazioni. Il federalismo ben fatto è utile sia al Nord sia al Sud d’Italia: per esplicare tutta la sua efficacia, però, chiede a tutti una grande partecipazione e responsabilità. L’Abruzzo è una regione in difficoltà ma non deve assolutamente spaventarsi. Non ha ragioni per esserlo perché sono previsti meccanismi di aiuto, a patto che chi di dovere faccia imboccare agli Abruzzesi il cammino della virtuosità. La paura alimenta la cattiva politica. La fiducia promuove ed anticipa il benessere generale. I meccanismi compensativi devono essere giusti. Occorre una classe dirigente capace di attuare i principi essenziali del federalismo. Perché se tutto rimane come e peggio di prima, pur avendo ottenuto l’autonomia costituzionale, allora i cittadini non capirebbero le fratture. Per questo motivo è necessario cominciare un cammino di maggiore virtù insieme alle regioni più ricche. Il federalismo inoltre consente di introdurre il Quoziente familiare, una svolta storica, ma occorre dare risorse in più per le famiglie. Il federalismo è un’occasione straordinaria per semplificare il sistema fiscale ma va gestito con grande accortezza, per evitare pasticci.

Chi attacca la Lega Nord generatrice del federalismo, non sa di cosa parla. L’oscuro segno folkloristico di disprezzo dell’Unità nazionale, ostentato nei fatti dalla vecchia partitocrazia, si alimenta dell’ignoranza e dell’indifferenza di quanti rifiutano di capire l’utilità del federalismo per rafforzare la Nazione Italia. L’incultura istituzionale, costituzionale, economica e politica dei vecchi sepolcri imbiancati che non sanno più dove andare a parare per conservare il loro potere, è la massima condensazione dei pericoli di una mancata applicazione del federalismo in Abruzzo e in tutte le altre regioni d’Italia. Chi si ostina a considerare la Lega Nord che sbarca al Sud, un fenomeno politico folkloristico, passeggero come l’Oktoberfest, non sa di cosa parla e scrive.

Per somministrare dosi industriali di fiducia agli imprenditori che giustamente criticano una classe politica sorda alle sfide planetarie in corso d’opera, per risalire la china e ricostruire un’autentica Unità Nazionale fondata sulla dignità della persona che lavora, allora il federalismo può essere utile. Finanche a dettare le scelte della nuova agenda politica nazionale e regionale che la Lega Nord è in grado di attuare. Imprenditori e lavoratori sono la forza di una Nazione che cresce. Quel che è da temere è l’anti-italianità della partitocrazia camaleontica che vede nella Lega Nord un pericolo.

I poteri forti ed oscuri temono la Lega Nord. La fedeltà giurata alla Costituzione ed alle Leggi della Repubblica, si misura nei fatti, nel consenso conquistato direttamente in mezzo al popolo per il popolo e con il popolo. Senza rischi di scivoloni pericolosi nel populismo così caro agli apparati di regime.

La Lega Nord, conseguentemente, si batterà in mezzo alla gente, nelle sedi politiche, istituzionali e culturali, affinché l’indulgenza e la sottovalutazione verso coloro che hanno costruito la Torre di Babele della partitocrazia e il divario tra Nord e Sud Italia, non trovi più alcuna giustificazione.

Lo smarrimento in cui versa il Bel Paese, compresa la Regione Abruzzo forte e gentile, le violenze mediatiche quotidiane, le divisioni tra cittadini e stranieri, sono figli di una stessa madre: le difficoltà economiche, l’inquinamento ambientale e la disoccupazione, vanno affrontate di petto per rafforzare la coesione sociale e l’unità politica nazionale su base federale. Ecco perché i poteri forti temono la Lega Nord che sbarca al Sud. Per restituire quella calorosa dignità che il Sud merita di rinfocolare in tutti noi. Nella giustizia e nella pace sociale. C’è da sperare che in Italia tutte le lobbies e i poteri finora oscuri vengano presto alla luce per Legge, come accade normalmente nelle più moderne democrazie occidentali dove i Poteri pubblici rispondono del loro operato al Popolo sovrano; dove tutto quello che deve essere pubblico è rivelato e mostrato; dove quelle stesse lobbies legalmente vantano la proprietà di grattacieli con tituli a caratteri cubitali laser!

La Lega Nord si batterà anche per questo e si farà interprete presso tutte le più alte Istituzioni, del bisogno di coesione sociale, di sviluppo economico e di unità nazionale. Un progetto, un’aspirazione, un sogno che in Italia e in Abruzzo pulsa nel cuore della stragrande maggioranza di cittadini onesti che lavorano o desiderano farlo. L’Italia sarà una Repubblica federale se riusciremo a mobilitare sistematicamente quella silenziosa, onesta, produttiva classe dirigente territoriale e nazionale, fatta in primis di cervelli, lavoratori, industriali, insegnanti, scienziati e imprenditori, che finora si sono giustamente tenuti lontano dalla politica con la “p” minuscola, negando la propria partecipazione attiva alla vita del proprio Paese per evidenti ragioni. Un’autentica tragedia nazionale: chi produce ricchezza è stato totalmente privato della possibilità della rappresentanza attiva nella vita pubblica, istituzionale e dirigenziale. Un sacrosanto diritto costituzionale che devono ancora scoprire!

La Lega Nord non può far finta di nulla, non può dimenticare questi nostri cittadini. Anzi, non può non chiamarli e non rappresentarli. Il Centrodestra, il futuro Partito Conservatore, non può ignorarli, facendo bene attenzione a non imbarcare tutte quelle figure che hanno finora pascolato sui terreni minati dalla disinformazione, solo per interessi elettoralistici. I Migliori sono là fuori, non vivono di politica ma del proprio lavoro, coincidono perfettamente con i più alti interessi della Repubblica, della Patria e della Nazione Italia. Molti vivono in altri Paesi del mondo. E nel duro lavoro quotidiano continuano, insieme alle loro famiglie, ad alimentare quel sogno che finora in molti hanno solo potuto sussurrare, magari sotto altro nome: Italia. Federale e più unita che mai.

La Lega Nord ha il dovere politico, etico e morale di chiamare a raccolta questi nostri concittadini, dando loro finalmente la voce e la parola nelle sedi istituzionali centrali, d’Abruzzo e di tutte le Regioni d’Italia. Voce e parola della rappresentanza democratica che la stantia partitocrazia “secessionista” romana ha finora loro negato. Siamo Italiani, figli di una Nazione (non schiava di Roma) nata da tanti popoli antichi ai quali l’Antica Roma deve l’immortale grandezza imperiale. Sua e di tutti noi.


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