GIOVANI IMPRENDITORI DI CONFINDUSTRIA

10 Dicembre 2007   17:20  
“La serata di presentazione a Pescara del libro “Generazione Tuareg”, edito da Rubbettino, di Francesco Delzìo, Direttore nazionale Giovani Imprenditori di Confindustria, è stata gravida di spunti particolarmente interessanti sul tema della precarietà. L’invito del Presidente del Consiglio Regionale Marino Roselli alle forze politiche, sindacali e del mondo produttivo a condividere un progetto per diminuire gli effetti devastanti della precarietà viene immediatamente raccolto. I giovani di Confindustria partono dalla considerazione che la precarietà non piace a nessuno: tanto meno agli imprenditori, almeno a quelli che non vivono ancora in mercati protetti o in finti mercati. Sicuramente non piace a chi vive quotidianamente in un immenso mare aperto che è il mercato pieno di insidie, di agguati ma anche di opportunità ed occasioni uniche e straordinarie. Dove sopravvivere dipende solo e soltanto dalla capacità dell’impresa - intesa come insieme di dipendenti, management, proprietà - di innovare, di creare, di stupire e coccolare il cliente. La precarietà non piace agli imprenditori perché non aiuta a costruire una società serena, una elevata qualità della vita; non aiuta la famiglia. Soprattutto quella lunga crea tensioni, squilibri, incertezze. E’ devastante per la società e per il mercato. La precarietà si può tollerare solo come strumento per i giovanissimi di ingresso nel mondo del lavoro. I giovani imprenditori sono perfettamente consapevoli che il miglior coinvolgimento possibile dei propri collaboratori nella costruzione del valore, la giusta dose di passione nello svolgere le proprie mansioni non si ottengono con collaborazioni precarie, sporadiche. Soprattutto se durature. Per combattere la precarietà dobbiamo condividere un progetto che veda il coinvolgimento di istituzioni, forze sociali, mondo delle imprese e banche dove ognuno mette la sua parte con l’obiettivo di costruire un nuovo patto per il lavoro che metta al centro il merito, l’assunzione di responsabilità, il costo del lavoro ed il salario del lavoratore. Che è basso. I giovani di Confindustria hanno sufficiente coraggio per riconoscerlo. Non dobbiamo ricorrere all’aiuto delle dichiarazioni del Governatore Draghi per affermare che il salario netto dei nostri dipendenti è troppo basso. Per farlo crescere ognuno ci deve mettere di suo senza dimenticare che c’è una competizione globale con una popolazione di circa 2 miliardi di persone che vogliono avere il nostro stesso livello di benessere. Il governo abbassando il costo del lavoro e riducendo il cuneo fiscale, il lavoratore accettando gli strumenti legislativi che favoriscano il licenziamento, l’introduzione del merito, il legame alla produttività, l’impresa incrementando il salario e la premialità. Le banche favorendo ed agevolando l’accesso al credito e/o mutui per la casa anche a lavoratori con contratti a tempo determinato e/o contratti atipici senza fare discriminazioni tra lavoratori del pubblico impiego e delle imprese private. Come, non di rado, purtroppo avviene. E per iniziare basta solo copiare quello che avviene altrove. Ci sono paesi, nel resto d’Europa, dove la precarietà è minima perché figlia di una cultura, di una legislazione - di un sistema paese insomma - che permette il licenziamento senza tensioni sociali, senza drammi in quanto lo stesso è foriero di maggiore mobilità e bassi tassi di disoccupazione. E’ accompagnato da maggiori ammortizzatori sociali per sostenere chi perde il lavoro. Non chi rifiuta il lavoro preferendo rimanere in cassa integrazione di fronte ad offerte di lavoro. Non è solo questione di articolo 18. Francesco Delzìo raccomanda alle nuove generazioni di tirare fuori il coraggio. Quello che ha contraddistinto la generazione dei nostri genitori. In un’era come quella che stiamo vivendo è condicio sine qua non…”

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