Giuseppe Marchegiani evita salasso regionale da 20mln di euro. La Consulta rigetta la RIA Abruzzo

... E non c'erano 200mila euro per i malati di SLA!

20 Luglio 2014   07:19  

RIA sta per Retribuzione Individuale di Anzianità, che sembrerebbe un innocuo istituto contrattuale che compone lo stipendio dei dipendenti pubblici e più o meno lo era, tranne in Abruzzo, dove l'inventiva applicata alla potestà legislativa ne ha fatto uno strumento di profitto per taluni e di sofferenza per le già traballanti casse regionali.....ma andiamo per gradi, partendo dal lontano 1995.

In quell'anno accadeva che la Regione immetteva nei ruoli dirigenziali un'ottantina di funzionari, vincitori di un corso-concorso....chissà come si traduce corso-concorso in tedesco....

Avete capito bene, la futura, attuale, ossatura dirigenziale della Regione Abruzzo è costituita da dipendenti che sono diventati dirigenti non con una vera selezione aperta a tutti gli interessati, provenienti da qualunque angolo dello stivale, bensì per aver superato un corso-concorso interno, talmente difficile che pare che un paio di partecipanti  - almeno così narrano - non sia riuscito a superare il durissimo scoglio.

Orbene questi signore e signori, assurti al soglio dirigenziale pensavano bene di farsi fare una legge ( eh si così funziona, tu chiedi gentilmente e il politico ti fa la legge....come in Germania....) per cui per chi veniva immesso nei ruoli dirigenziali non solo l'anzianità non ripartiva da zero, come sarebbe stato giusto, avendo cambiato categoria, da funzionario a dirigente, ma per il calcolo dell'anzianità si prendeva a base quella del collega dirigente che ce l'aveva più alta...

Non è chiaro? Cerco di spiegare come l'hanno spiegata a me....

Come detto, passato dirigente, avrei dovuto vuotare il mio zainetto contenente l'anzianità maturata da funzionario,  per ripartire da zero, invece in Abruzzo s'inventano che io arrivo con il mio zainetto di anzianità da funzionario, mettiamo pari a 200, ma se c'è un qualunque altro dirigente che ha  lo zainetto più pesante, mettiamo da 400, io e tutti gli altri, per non subire una evidente disparità(sic!), abbiamo diritto allo stesso zainetto da 400.

Fuor di metafora, significa che la Regione mi paga un bel mucchietto di soldi, in quanto io passo in un colpo solo da anzianità (RIA) 200 a RIA 400.

E così è stato,  a botte di 20/30/40 mila euro a seconda dei casi, perché nel frattempo erano maturati gli arretrati di quel tot al mese che toccava in più per effetto del giochetto sopra spiegato.

Ma non è finita, perché a questo punto sono insorti quelli che già erano in servizio come dirigenti e  che erano viceversa fermi con la loro RIA senza potersi prendere quella del collega che ce l'aveva più alta, perché la regola valeva solo per i nuovi....capito la finezza?

Detto fatto, altra legge e privilegio concesso anche a loro....

Finita qui? Nemmeno per sogno....

A questo punto insorgono quelli che dirigenti non sono e dicono perché a loro si e a noi no?

Detto fatto, altro giro altra legge e privilegio esteso anche alle cosiddette categorie (i non dirigenti).

Pertanto tutti i tribunali d'Abruzzo erano interessati da queste cause intentate dai dipendenti per il ricalcolo della RIA con la Regione costretta a difendersi, tutelata in causa da un dirigente che la RIA rivalutata se l'era già presa (!!!),  per non sborsare svariati milioni di euro!

Fino a quando, siamo allo scorso anno, Giuseppe Marchegiani, il Giudice del Lavoro di Teramo, unico fra tutti, non solleva eccezione di incostituzionalità, che la Corte Costituzionale, con sentenza di venerdì 18 luglio ha ritenuto fondata, cancellando per sempre la norma e con essa la bizzarra storia  di cui vi abbiamo raccontato.

Per la Consulta, “il trattamento economico dei dipendenti pubblici è affidato ai contratti collettivi, di tal che la disciplina di detto trattamento, e, più in generale, la disciplina del rapporto di impiego pubblico rientra nella materia dell’‘ordinamento civile’ riservata alla potestà legislativa esclusiva dello Stato”, insomma non può essere normata dalle Regioni, di qui l’illegittimità

L’affaire-Ria è nato con il susseguirsi di tre leggi regionali: la 118 del 1998, la numero 6 del 2005 e la 16 del 2008. Nel 2011, infine, l’abrogazione che, però, non incide sui casi avviati in precedenza.

Alla luce del pronunciamento di oggi della Consulta appaiono quanto meno inopportune oltre che dannose le sentenze favorevoli che altri giudici hanno continuato a pronunciare, pur sapendo che il loro collega aveva posto il problema dinanzi alla suprema corte....le sentenze diventate nel frattempo esecutive hanno determinato l'obbligo al pagamento da parte della Regione....molto più corretto sarebbe stato tutti fermare tutto in attesa del parere della Corte....così, invece, ancora una volta ha pagato pantalone e i giudici non rispondono della loro, vogliamo chiamarla leggerezza? E che dire del fatto che in Corte Costituzionale la Regione Abruzzo ha sostanzialmente chiesto che venisse cancellata una propria legge!

Davvero una storia incredibile....

Non resta che sperare, a questo punto, che la Regione possa recuperare tutte le somme che vengono ancora oggi indebitamente percepite in forza della legge cancellata, fermo restando che  comunque molti  hanno già avuto negli anni passati migliaia di euro che altri non avranno, ma questa, ve l'avevamo detto all'inizio, è una storia tutta italiana, per di più made in Abruzzo, e le storie italiane finiscono spesso  così.

Troppo spesso.

 

GLI ULTIMI PASSI DELLA RIA

Fatti nel 2008 da un pasticcio legislativo della fu giunta di Ottaviano Del Turco, di lì a poco spazzata via dall'inchiesta "sanitopoli" della Procura di Pescara con a capo l'attuale vice sindaco aquilano Nicola Trifuoggi.

Nella Legge scritta in fretta e furia veniva stabilita la perequazione delle remunerazioni verso l'alto, cioè verso il trattamento economico maggiormente sostanzioso, questo a vantaggio, in particolare, degli ex segretari comunali assunti dalla Regione con il corso-concorso del 1989.

Una Legge proposta da Giovanni D'Amico e successivamente approvata dalla Giunta provvisoria guidata da Enrico Paolini, il consiglio approvò neanche capendo la portata economica di tale norma. 

Fu la Giunta successiva, quella di Gianni Chiodi per firma dell'assessore al personale Federica Carpineta ad abrogarla in toto, ma ormai il danno era fatto e la regione si ritrovo a doversi difendere da centinaia di vertenze lavorative. 

Solo con le prime 35 sentenze già passate in giudicato la collettività ha sborsato 1,17 milioni di euro, ma sono 1.111 i tentativi di conciliazione di cui ben 801 hanno già presentato ricorso.

Un salasso per il quale la regione Abruzzo ha dovuto conservare un tesoretto per far fronte agli eventuali 16 milioni di euro di richieste e dei quasi 5,6 milioni di spese processuali.

Un salasso che 20 anni di politica hanno permesso e che un giudice, Giuseppe Marchegiani, e la Consulta, hanno evitato alle già prosciugate casse regionali.

Ovviamente alcuna sentenza è retroattiva e chi ha dato ha dato e chi ha avuto ha avuto, con buona pace dell'equità di fronte allo Stato.

 

 


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