Il Mondo di mezzo è mafia' ma pene ridotte in appello a Buzzi e Carminati

12 Settembre 2018   13:23  

Ridotte in appello le condanne per Massimo Carminati e Salvatore Buzzi nell'ambito del processo al Mondo di Mezzo.

Per l'ex Nar ridotta la pena da 20 anni del primo grado ai 14 anni e sei mesi inflitti oggi. Per Buzzi dai 19 anni, ai 18 e 4 mesi di oggi.La terza corte di appello di Roma ha anche riconosciuto l'associazione mafiosa. Ribaltato così quanto deciso in primo grado. 

I giudici hanno riconosciuto l'associazione a delinquere di stampo mafioso, l'aggravante mafiosa o il concorso esterno, a vario titolo, oltre che a Carminati e Buzzi, anche per Claudio Bolla (4 anni e 5 mesi), Riccardo Brugia (11 anni e 4 mesi), Emanuela Bugitti (3 anni e 8 mesi), Claudio Caldarelli (9 anni e 4 mesi), Matteo Calvio (10 anni e 4 mesi). Condannati anche Paolo Di Ninno (6 anni e 3 mesi), Agostino Gaglianone (4 anni e 10 mesi), Alessandra Garrone (6 anni e 6 mesi), Luca Gramazio (8 anni e 8 mesi), Carlo Maria Guaranì (4 anni e 10 mesi), Giovanni Lacopo (5 annu e 4 masi), Roberto Lacopo (8 anni), Michele Nacamulli (3 anni e 11 mesi), Franco Panzironi (8 anni e 4 mesi), Carlo Pucci (7 anni e 8 mesi) e Fabrizio Franco Testa (9 anni e 4 mesi).

"Abbiamo sempre detto che le sentenze vanno rispettate: lo abbiamo fatto in primo grado e lo faremo anche adesso. La corte d'appello ha deciso che l'associazione criminale che avevamo portato in giudizio era di stampo mafioso e utilizzava il metodo mafioso. Era una questione di diritto che evidentemente i giudici hanno ritenuto fondata". Così il procuratore aggiunto Giuseppe Cascini ha commentato a caldo la decisione dell'appello nel processo al Mondo di mezzo. In aula erano presenti anche il pm Luca Tescaroli e i procuratori generali Antonio Sensale e Pietro Catalani.

A luglio del 2017 i giudici di primo grado avevano escluso l'aggravante mafiosa per tutte le persone coinvolte dall'inchiesta, riconoscendo invece la corruzione e l'esistenza di due gruppi criminali. Per questo Massimo Carminati e Salvatore Buzzi erano stati condannati a 20 e 19 anni di reclusione in una sentenza che ha riguardato altre 44 persone, tra cui politici e uomini dell'amministrazione. Una sentenza storica in cui sono state inflitte pene pesanti proprio per gli episodi di corruzione con condanne, in alcuni casi, superiori alle richieste della Procura.

"Questa sentenza conferma la gravità di come il sodalizio tra imprenditoria criminale e una parte della politica corrotta abbia devastato Roma". Così il sindaco di Roma Virginia Raggi subito dopo la sentenza della Corte di Appello di Roma." Conferma, qualota ce ne fosse ancora bisogno, che bisogna tenere la barra dritta sulla legalità. E' quello che stiamo facendo e continueremo a fare per questa città e i cittadini".

Per la difesa di Buzzi invece "Quanto accaduto è grave, è un atto assolutamente stigmatizzabile l'aver riconosciuto in questa roba la mafia. Credo che per molti cittadini da oggi sia molto pericoloso vivere in Italia: è una bruttissima pagina per la giustizia del nostro Paese" dice Alessandro Diddi, legale di Salvatore Buzzi.Sulla stessa lunghezza d'onda anche Giosuè Naso, legale di Massimo Carminati,  "Questa sentenza rappresenta per me una sorpresa, perchè già non condividevo la sentenza di primo grado che aveva riconosciuto due associazioni distinte. 

L'insussistenza dell'accusa mafiosa mi sembrava inattaccabile: mi sbagliavo. Questo collegio ha invece riconosciuto l'esistenza della mafia. E se persino questo collegio, che è uno dei migliori della corte d'appello, ha riconosciuto l'aggravante mafiosa di questa, o io non capisco più nulla di diritto, ci può stare, oppure è successo qualcosa di stravagante che ha influito sulla sentenza. In questo Paese la magistratura mette bocca su tutto e si arroga il compito di moralizzare la società".

"Intanto, come abbiamo detto l'altra volta, aspettiamo di leggere le motivazioni e comprendere come mai una impostazione di primo grado su questo tema, estremamente importante, ha avuto una diversa interpretazione. Dal nostro punto di vista cambia molto poco, nel senso che noi eravamo convinti che quella vicenda è stata una particolarmente negativa per la capitale e che non aveva significato un'infiltrazione delle mafie storiche, motivo per il quale non proponemmo lo scioglimento del Comune di Roma peraltro su parere del procuratore Pignatone".

 



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