Inchiesta Ground zero: sviluppi e scarcerazioni

27 Novembre 2009   15:02  

Ottanta ore dopo essere finiti in carcere Italo Mileti e Claudio D’Alesio vanno agli arresti domiciliari. Al termine dell’interrogatorio di garanzia dell’ex assessore regionale, che ricalca quello di martedì dell’imprenditore, il pm Gennaro Varone fornisce il parere favorevole all’attenuazione della misura cautelare che consente ai due indagati di uscire dal San Donato.

Nell’ordinanza del gip  gli arrestati sono così definiti: ''spregiudicati, inclini all’abuso e alla sistematica violazione delle regole, pronti per il profitto a qualsiasi trucco, frode, corruzione, che sfruttano le loro capacità di illecita penetrazione nel tessuto dell’amministrazione pubblica. Dediti al procacciamento illecito di commesse pubbliche, da parte di D’Alesio e Mileti, gestita in via professionale e sistematica, anche attraverso il ricorso a qualsiasi genere di reato contro la pubblica amministrazione.''

Il loro avvocato Giuseppe Cichella invece da una lettura opposta e giudica l'inchiesta frutto di un equivoco cultuale, secondo cui gli imprenditori non possono avere contatti con gli amministratori pubblici per promuovere le loro proposte.

Ieri intanto l'assessore Lanfranco  Venturoni accusato di corruzione nell'ambito della stessa inchiesta non ha trattenuto le lacrime nel corso di una trasmissione televisiva. ''Non me ne andrò perché vogliono togliermi di torno – ha affermato - per farmi andare via dovranno ammazzarmi. Anzi, siccome non ho intenzione di suicidarmi, se mi trovano morto...''.

Il neo segretario regionale del Pd, Silvio Paolucci, che si definisce un garantista, chiede a Venturoni di non dimettersi: ''Ci sono problemi gravi e urgenti come il riordino e la riorganizzazione della rete sanitaria, il piano di rientro dal debito sanitario, oltre ai ticket, senza parlare di Villa Pini''.

Di parere ben diverso Carlo Costantini, leader regionale dell'Italia dei Valori: ''l’unica distinzione possibile, al momento, è quella tra chi, come me, ritiene che l’esposizione dell’Abruzzo a livello internazionale a causa del terremoto, la delicatezza delle decisioni da prendere in un settore già devastato dagli scandali come quello della sanità e le circostanze che iniziano a emergere dagli atti dell’inchiesta suggerirebbero a Venturoni di sospendersi dall’incarico, e chi, invece, ritiene che va tutto bene così e che i problemi sono soltanto della magistratura che deve sbrigarsi.''

Ieri hanno interrogato anche l'ex manager della Asl dell'Aquila Roberto Marzetti, altri inquisito eccellente nel 'inchiesta. Al gip ha confermato: ''Mi ero reso conto che sui fondi dell’assicurazione dell'Ospedale, 47 milioni di euro, era in corso un’operazione strana.'' Marzetti è accusato di aver fatto squadra con l'assessore Venturoni ed Enzo Mancinelli, dirigente del settore Beni e servizi dell'assessorato alla sanità, per aggiustare l'appalto da 12 milioni di euro agli imprenditore Alido Venturi, che proponeva l'utilizzo per i nuovi uffici Asl, un suo stabile nei pressi dell'ospedale. Poi dopo il siluramento, che gli è costato la dirigenza della Asl, Roberto Marzetti si sarebbe fatto indietro.

In un intervista rilasciata al quotidiano Il Centro, il presidente Ance di Chieti Paolo Primavera, denuncia intanto la mancanza di regole chiare e trasparenti sule modalità di appalto nell'area sismica: '' Non c’è un bando pubblicato, non c’è una gara pubblicata – afferma - Ci sono enti che si muovono da soli tra una marea di norme e altri che agiscono da soli portando avanti iniziative e progetti. In mancanza di regole che valgano per tutti non si riescono a capire le modalità di affidamento dei lavori. Se, ad esempio, ci sia un minimo di evidenza pubblica nell’affidamento degli appalti.
E questo favorisce lo sconfinamento ''in quella zona grigia dove può crescere il malaffare o, dove i furbi possono prevalere su chi rispetta le regole''


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