Inchiesta Penelope: interrogati politici e imprenditori arrestati

08 Marzo 2012   20:35  

Sono state interrogate oggi pomeriggio, dal Gip del Tribunale dell'Aquila, le quattro persone finite ai domiciliari nell'ambito dell'operazione denominata "Penelope" per l'attitudine degli indagati (11 in tutto) "a fare e disfare corrispondenza ufficiale tra enti e impresa concordandone i contenuti tra mittente e destinatario".

Si tratta di Gianfranco Iacoboni, 60 anni, sindaco di Magliano dei Marsi; Angelo Iacomini, 46 anni, assessore dello stesso ente; Franco Celidetto Gianfranco, 58 anni, imprenditore di Massa d'Albe e il fratello Sergio Celi, di 54 anni.

Indagati nello stesso procedimento due noti personaggi aquilani, l'imprenditore di 65 anni Armido Frezza e l'ingegnere di 55 anni Volfango Millimaggi, oltre al geometra aquilano Marcello Accili, 60 anni e agli imprenditori marsicani Alessandro Arcangeli, di 40 anni, Armando Romanelli, di 59 anni e Marco Sanzi, di 52 anni.

Coinvolto, infine, Luigi Antonio Morgante, di 51 anni, cugino del sindaco, che per l'accusa ha ottenuto l'assunzione dalla ditta Celi in piena campagna elettorale. Un'attivita' dei carabinieri del Noe di Pescara che ha portato alla contestazione di diversi reati, dalla corruzione alle violazioni ambientali, dal furto all'abuso d'ufficio, che vede coinvolte, a vario titolo, appunto 11 persone tra pubblici amministratori, imprenditori e professionisti.

Un'indagine che ha portato al sequestro di beni per 10 milioni tra cui una cava nella Marsica, parte di un impianto di calcestruzzo all'Aquila e sei ville a schiera a Carsoli. "Gli indagati - ha detto l'avvocato Antonio Milo che insieme a Giancarlo Paris assistono i Celi - hanno risposto in maniera chiara e puntuale a tutte le contestazioni, noi siamo soddisfatti.

Speriamo che le risposte date convincano il Gip, in relazione anche all'istanza di revoca della misura degli arresti domiciliari che abbiamo presentato". 

"Voglio precisare - ha aggiunto Milo - che la ditta Celi opera da oltre sessant'anni nel mercato ed e' sempre stata considerata di comprovata esperienza ed estrema professionalitra'".

"Io sono convinto - e' stato invece il commento dell'avvocato Leonardo Casciere che insieme al collega Antonio Ioannucci assitono Iacomini e Iacoboni - che e' stato fatto un interrogatorio molto attento da parte di tutti gli indagati. Hanno chiarito in maniera precisa tutti gli aspetti della vicenda e soprattutto hanno dimostrato senza ombra di dubbio che quella delibera e' legittima e poteva essere emessa tranquillamente, non c'e' stato nessuno scambio di alcun genere.

L'assessore comunale Iacomini ha chiarito con certezza matematica che non c'e' stata nessuna dazione di denaro per quanto riguarda la polisportiva". Commentando l'indagine dei Noe di Pescara Casciere ha detto: "Certamente secondo me non e' che e' stato preso un abbaglio, sono stati valutati male gli atti o meglio, molti atti non li avevano ed oggi abbiamo presentato una memoria difensiva dove abbiamo dimostrato documentalmente che la delibera era legittima e tutti gli atti sottostanti erano la prova che la Regione conosceva ed aveva autorizzato quella particella che era stata data a Celi per compensazione quindi noi non abbiamo dato nulla, non vi puo' essere corruzione perche' non abbiamo ottenuto nulla ne abbiamo dato".

L'indagine e' partita a seguito dell'ascolto di alcune intercettazioni telefoniche, a giugno del 2010. Da qui e' partito uno studio e un'attenta verifica degli uomini del Noe. Regalie e promesse di voti: e' questo che si cela dietro agli arresti. Secondo l'ipotesi accusatoria i due amministratori pubblici avrebbero stretto "rapporti corruttivi" con i due imprenditori, i due fratelli Sergio e Franco Celi, titolari dell'impresa Celi Calcestruzzi.

Da un lato la promessa di appoggio elettorale per la campagna del 2010 ma anche soldi per avere in cambio una delibera "di favore". Nel corso dell'indagine gli inquirenti avrebbero scoperto altri elementi inquietanti.

Secondo quanto verificato dai militari del Noe di Pescara, infatti, i due fratelli avrebbero sventrato l'argine del fiume Vera che si trova nei pressi del loro impianto di Bazzano, li' dove producono calcestruzzo. Gli inquirenti hanno scoperto che proprio nella cava i fratelli hanno sottratto migliaia e migliaia di metri cubi di di inerti "in modo abusivo".

Questa operazione avrebbe generato un ingiusto vantaggio economico ai due. Ma per portare a termine il piano, dice la procura, i Celi avrebbero beneficiato anche delle certificazioni false firmate da tecnici compiacenti. Si calcola una frode alle case dello Stato per "centinaia di migliaia di euro"



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