La 'ndrangheta. cinquemila affiliati, 50 miliardi di euro di fatturato, il 3,5% del Pil Italiano. Una mafia feroce e sanguinaria, ma capace di giocare in borsa, fedele ad atavici codici familistici e religiosi e nello stesso tempo abilissima ad investire nei cinque continenti e in quasi tutte le regioni italiane. Il libro e il documentario La santa del giornalista Ruben H. Oliva, presentato ieri all'Università dell'Aquila, ha come intento quello di accendere i riflettori sul più pericoloso cancro che attanaglia la società italiana, e di cui forse troppo poco si parla.
La 'ndrangheta è invisibile come l'altra faccia della luna, affermò un magistrato americano, eppure i segnali della sua presenza possono essere rintracciati anche in Abruzzo, già denunciati da interrogazioni parlamentari ed emersi da più inchieste giudiziarie, e dalle inchieste giornalistiche che in questi ultimi due anni sono state realizzate dal free magazine Site.it.
Da qui l'allarme lanciato dall'associazione Libera. Preoccupa infatti l'esorbitante numero di banche che non trova giustificazioni nella ricchezza prodotta dal territorio. Il controllo di società coinvolte in inchieste giudiziarie è riconducibile ad esponenti dela malavita organizzata siciliana, campana e calabrese. Non va poi sottovalutato il dilagare del fenomeno dell'usura, la provincia di Pescara è la prima nella classifica di Sos imprese, la provincia dell'Aquila 33esima. L'immenso business dei rifiuti, in particolare quello legato agli inceneritori, può scatenare l'appetito dei clan. E inoltre preoccupa il fatto che negli ultimi anni nel territorio abruzzese siano stati confiscati 24 beni di proprietà delle mafie, nonchè le minacce subite da chi comincia ad occuparsi di infiltrazioni mafiose. Si legge nel libro di Ruben H. Oliva: occupiamoci di 'ndrangheta, prima che la ndrangheta si occupi di noi. Un monito anche per la società abruzzese.
Nel servizio interviste al giornalista e regista Ruben H. Oliva e a Giuseppe La Pietra, associazione Libera
