La 'ndrangheta era pronta a mettere le mani sulla ricostruzione

01 Novembre 2010   14:02  

Era tutto pronto a L'Aquila per l'avvio delle attività di imprese facenti capo a esponenti della 'ndrangheta.

Il nuovo tentativo di mettere le mani sugli appalti legati alla ricostruzione post terremoto da parte della criminalità organizzata è stato sgominato dalla Procura della Repubblica di Reggio Calabria che ha portato a termine una vasta operazione che ha visto finire in carcere 34 persone, tutte appartenenti al clan Borghetto-Caridi-Zindato.

Ai membri della cosca, che controllava il territorio reggino con una costante e capillare pressione estorsiva, vengono contestati i reati più vari.

I risvolti che riguardano l'Abruzzo ruotano intorno a tre personaggi in particolare, Santo Giovanni Caridi, Daniele Scalise, e il commercialista Carmelo Gattuso – entrambi finiti in cella – che avrebbero trovato nell'aquilano Stefano Biasini, 33enne costruttore in erba, il “gancio” - come scrive il Gip Andrea Esposito – per inserirsi nel mercato del capoluogo abruzzese.

Trasformazioni societarie, nascita di nuove società, di un consorzio, e prestanome.

Ai due calabresi viene contestato di aver eluso le disposizione in materia di misure di prevenzione. Caridi avrebbe attribuito fittiziamente al commercialista Gattuso la titolarità del 50% della quota societaria della Tesi costruzioni Srl, al fine di agevolare la cosca alla quale appartiene.

E la Tesi costruzioni, è la società di cui è comproprietario l'aquilano Biasini, che ne è poi diventato amministratore unico. Società con la quale tenta di ottenere l'incarico per la realizzazione di un albergo nei pressi della Fontana delle 99 Cannelle.

Biasini, che comunque non risulta indagato, si sarebbe adoperato per trovare un alloggio in città agli operai calabresi, trovare il notaio per le trasformazioni societarie e procacciare lavori nella città terremotata. Decisive, per l'inchiesta, le intercettazioni telefoniche, dalle quali emerge il ruolo dell'imprenditore aquilano, che oggi, dalle colonne del Messaggero che lo ha intervistato ieri sera nello studio dell'avvocato Cecchini, si difende dalle accuse e dice di aver conosciuto casualmente, durante un corso a Roma, Caridi e Gattuso. Il primo, fra l'altro, già finito in carcere per associazione mafiosa nel 1999.


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