La recensione di "Lasciami entrare"

La recensione del film

21 Gennaio 2009   12:05  

Regia: Tomas Alfredson
Cast: Kare Hedebrant, Lina Leandersson
Genere: Horror
Durata: 114 minuti
Data uscita: 9 gennaio
Voto: OO 1/2

Oskar è un bambino svedese perseguitato da un gruppo di bulletti, che un giorno conosce Eli, ragazzina strana di cui si innamora. Il giovane cova dentro di sè un forte desiderio di vendetta nei confronti dei giovani oppressori che, però, ogni volta viene represso non trovando il giusto sfogo. Eli sembra l'unica a capire cosa frulla nella testa di Oskar, e lo invita a vivere più seguendo l'istinto che la ragione. Intanto, nel paesino di Blackeberg, dove i due vivono, accadono misteriosi omicidi.
Lasciami entrare è un horror, ma solo per definizione, perchè potrebbe essere tranquillamente definito un film d'amore. Certo, nulla ha a che vedere con la mielosità delle produzioni di Moccia, o con il sentimentalismo spicciolo dei film rosa americani. Qui l'amore è sporco, violento e sanguinoso. Si, perchè in questa storia è il sangue che conta. Oskar lo vorrebbe vedere copioso nei volti di chi gli sta rendendo la vita impossibile, Eli, invece, quasi lo odia, ma ne ha bisogno per vivere. Dunque, il bambino e la bambina sono due poli opposti, che però si attraggono, tanto da diventare complementari e inscindibili, da non poter più vivere lontani l'una dall'altra. L'amore, insomma, è al centro della vicenda, quello di Oskar per Eli, di un bambino per una bambina. Ma siamo sicuri? Effettivamente, la ragazzina poco ha di femminile. Potremmo definirla una vampira, ma forse non è neanche questo. La mostriciattola, che si avventa sugli abitanti del piccolo paesino di Blackeberg per toglierli la vita, succhiandone il sangue, altro non è che la parte più istintiva di Oskar, quella che lui teneva nascosta e che appare proprio nel momento in cui sembra pronto a mollare, stufo di essere poco considerato a scuola ed anche a casa. Tirando le somme, più che l'amore per l'altro, Lasciami entrare ci spiega l'amore per noi stessi, in una specie di ode al narcisismo. Ecco, allora, spiegato il perchè questa pellicola svedese, pur essendo di straordinaria fattura, e dotata di una poesia quanto mai nera, non convince fino in fondo. Troppo innamorato di se stesso,  il film dimentica di mostrarsi in tutta la sua bellezza al pubblico. Specchiandosi nella splendida quanto cupa fotografia di Hoyte Van Hoytema, quest'opera prima di Tomas Alfredson, che riprende tutto in modo scarno e pregmatico, in perfetta tendenza con la moda nord-europea, si considera troppo profonda e affascinante per essere compresa da tutti. Un grave peccato di narcisismo.

Francesco Balzano

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