Le ferite dell'arte: la distruzione del terremoto nello sguardo del fotografo Giovanni Lattanzio

VIDEOGALLERY

10 Dicembre 2013   16:12  

E' finalmente in distribuzione ''Le ferite dell’arte'', un nuovo progetto editoriale ideato dal fotografo Giovanni Lattanzi e dalla Visual designer Francesca Falli.

Edito da Carsa Edizioni l’opera, nasce per documentare e valorizzare la bellezza del territorio nonostante il sisma.

I testi sono stati curati dalla dottoressa Antonella Lopardi. Per la sua elegante veste grafica il libro si presta ad essere utilizzato sia come regalo, sia come testimonianza di ciò che è accaduto. Il volume è già in distribuzione al costo di euro 12,00 nelle migliori librerie regionali e nazionali.

A seguire il testo introduttivo del fotografo Giovanni Lattanzi:

''In teoria non dovrei scrivere su L’Aquila perché sono di parte: amo questa città e la sua terra, quindi sarei fazioso.

Non c’è un motivo per questo amore. Forse percepisco l’energia dei luoghi, quell’energia che portò i suoi fondatori a sceglierli per edificare una città dal vuoto.

Forse sento la passione di chi l’ha costruita, fatta vivere, resa grande nei secoli; o magari la grazia lasciata in queste pietre da Celestino V.

Più probabile che sia una sintonia tra me e l’anima stessa di questo luogo, quel misto di austerità e durezza, di cuore e passione che caratterizza gli edifici, le genti e il vivere stesso della città.

Si, forse questo più di altro: un trovarsi a casa. Se dovessi scegliere un luogo dove trasferirmi direi L’Aquila, senza esitare. Ti accoglie all’apparenza fredda, rigida, ostica, ma si svela poi calda, umana, vera, solida, colta fin nelle radici.

Sento spesso pareri diversi sugli aquilani: per mio posso dire che un’amicizia qui non nasce facilmente, ma se nasce dura per sempre. E non sempre è così altrove.

Il sisma è stato un colpo forte, al cuore. Le terre aquilane erano il salotto buono dove portavo gli amici a vedere il bello di una terra antica. Sono corso al mattino, alle 7 ero Paganica, alle 9 in centro.

Per fotografare, ma in fondo per capire. E sono tornato, tutti i giorni per settimane, per vedere quanto erano profonde le ferite.

E non ho ancora smesso di tornare e fotografare. E non voglio smettere. Non è lavoro, non serve a qualcosa, non mi porta denaro. L’Aquila è una cara amica colpita da sventura; fotografarla è un modo per farle visita, a lei, inferma in un letto d’ospedale, con la certezza che ogni giorno stia un pochino meglio del giorno prima, e che presto tornerò a respirare l’aria familiare delle sue vie.''

 

 

 


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