Le infermiere precarie assediano la Asl: vogliono lavoro e dignità

Chi paga il conto per la malasanità?

06 Ottobre 2008   14:00  

Il piano di risanamento del debito sanitario,  non è fatto solo di freddi numeri, di bilanci da portare in pareggio. Riguarda anche la vita delle persone, pazienti e lavoratori, e la qualità dei servizi. E' il caso delle  quaranta infermiere precarie del San Salvatore dell'Aquila, lavoratrici somministrate, così si dice nell'orribile gergo della flessibilità, dall'agenzia Articolo uno di Pescara alla Asl 04 dell'Aquila. Temono di perdere il posto, nonostante svolgano mansioni forse insostituibili, visto che il numero di infermieri non è sufficiente, considerata l'alta professionalità che le ragazze hanno acquisito  anche in sei anni di servizio, svolti con contratti rinnovati ogni 3- 6 mesi, pagate meno e con molte meno tutele di infermieri a tempo indeterminato, pur svolgendo lo stesso medesima mansione. Oggi le agguerrite e giovani infermiere sono tornate a protestare sotto la sede della Asl dell'Aquila, e per incontrare il direttore generale Roberto Marzetti. Alla vigilia del faccia a faccia, i manager rassicura e minimizza: "Mai pensato di non rinnovare il loro contratto, è tutto un equivoco".  Non è stesso parere Giuliana Vespa dell'Ugl sanità: "A quattro ragazze non è stato rinnovato il contratto, non mi sembra che siano tutte chiacchiere".

A seguire l'incontro,  il cui esito però non ha soddisfatto le aspettative delle lavoratrici, in quanto, afferma Giuliana Vespa: "Nessuna rassicurazione è stata data in merito ad una proroga del contratto e su un incontro urgente con il commissario straordinario Gino Redigolo".

Si sfoga  amareggiata una lavoratrice che vuole rimanere anonima: " Ci sono politici che con la sanità ci hanno fatto miliardi, anche, a quanto pare, in modo illegittimo. Le Asl per anni hanno sprecato risorse, hanno regalato soldi ad Angelini per prestazioni non dovute. I medici fanno soldi a palate, portandosi nei loro ambulatori i pazienti che non possono aspettare liste di attesa interminabili. La sanità pubblica è allo sfascio. E adesso a pagare siamo noi.  Adesso in mezzo alla strada ci va chi ha lavorato per anni con uno stipendio da fame,  anche 50 ore a settimana, notte compresa, quando il contratto ne prevedeva 36. Con contratti rinnovati ogni tre mesi, e dunque senza la possibilità di farsi una fottutissima vita, di sposarsi, di fare un figlio. Come precaria la mia professionalità acquisita in quattro anni non sarà riconosciuta. L'agenzia per la quale lavoro non è responsabile del mio futuro. Mi sento come un lenzuolo usa e getta. E' la società ad essere malata."

FT


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