Legge bavaglio, sospetti di incostituzionalità

31 Maggio 2010   16:51  

Il disegno di legge sulle intercettazioni al varo del Parlamento potrebbe essere incostituzionale.

È il capoverso che regola l'entrata in vigore delle norme, la cosiddetta norma transitoria, che tante volte ha celato il trucco per incidere sui processi in corso, ad essere sotto la lente d'ingrandimento dell'opposizione ma anche di quanti, fra la maggioranza, cercano di limitare gli effetti dirompenti della legge.

Si legge nella parte di testo incriminato: “Le disposizioni di modifica del codice di procedura penale non si applicano ai procedimenti pendenti alla data della sua entrata in vigore in relazione ai quali sia già stato emesso il decreto di autorizzazione allo svolgimento delle operazioni. In tal caso, le medesime non possono ulteriormente proseguire per un tempo superiore al termine massimo di durata previsto”.

Quindi, in realtà la legge si applica e le intercettazioni attive possono durare al massimo 75 giorni.

È quella frase che, per Antonio Di Pietro, “ce l'hanno messa per salvare la cricca”.

L'opposizione sembra non avere dubbi su questo passaggio.

“E' una norma che non reggerà il giudizio della Consulta – dice il Pd – pioveranno i ricorsi, perché è manifesta la sua incostituzionalità: state violando il principio di ragionevolezza”.

È illuminante la presa di posizione dell'ex pm oggi avvocato Luigi Li Gotti, legale della famiglia Calabresi nel processo Sofri: “c'è una regola imprescindibile nel diritto. Tempus regit actum, si applicano le norme processuali in vigore nel momento in cui l'atto è stato commesso. La dottrina è univoca: applicare norme contrastanti nello stesso processo crea solo confusione. Per questo, quando nell'89 entrò in vigore il nuovo codice di procedura penale, le norme transitorie stabilirono che si sarebbe applicato solo ai nuovi processi. Quello Sofri fu fatto con le vecchie regole, tant'è che non si usò la cross examination”.

E invece adesso il contrasto sarà inevitabile: nello stesso processo, l'imputato A potrà subire ascolti per due anni, ma l'imputato B solo per 75 giorni, creando difficoltà anche ai giudici, che avranno più elementi di prova per uno e meno per l'altro.

Una volta pubblicata la legge sulla Gazzetta ufficiale, i pm non potranno più avere alcun contatto con la stampa, non potranno essere ripresi, neppure loro immagini di repertorio potranno essere pubblicate, pena la loro sostituzione da parte del capo della procura.

Non si potrà dare conto delle intercettazioni, né in versione integrale, né per riassunto.

Grazie ad un emendamento di Giulia Bongiorno “degli atti si potrà dare conto per riassunto”, calano le multe agli editori da 465mila a 300mila euro.


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