Luoghi comuni (da sfatare) sulle aperture domenicali dei negozi

29 Agosto 2012   10:44  

Lucidissimo articolo di Franco Lucenti per Senza Soste,  sulle aperture domenicali dei negozi. Un tema caldo anche nelle città abruzzesi.

Luoghi comuni (da sfatare) sulle aperture domenicali dei negozi

''Anche a Livorno sta impazzando la polemica sulla decisione del governo di liberalizzare le aperture degli esercizi commerciali per 365 giorni all'anno, quindi domeniche e festivi compresi. Allo schieramento dei favorevoli (pochi a dire il vero) si contrappone il fronte dei contrari, che vede affiancati i sindacati (tutti), le regioni (alcune di queste, fra cui la Toscana, hanno già presentato ricorso alla Corte Costituzionale per rivendicare la propria competenza in materia di commercio), le associazioni datoriali di categoria (Confesercenti e Confcommercio, che ritengono sia un provvedimento che va solo a vantaggio della grande distribuzione). Ma quali sono le argomentazioni più frequenti di chi sponsorizza il far west delle aperture? Un mix di ignoranza e luoghi comuni. Vediamole una per una.

"La liberalizzazione produce crescita dell'economia" 

 In realtà nessuno è mai riuscito a dimostrare numeri alla mano che l'economia di un territorio cresce se si aumentano orari e giorni di aperture degli esercizi commerciali. E non serve essere economisti per capire che se i soldi che girano sono sempre i soliti puoi aprire quanto ti pare, ma non è che la gente spende di più. Il termine liberalizzazione, se è applicato a settori in cui c'è poca concorrenza, ha come effetto solitamente un abbassamento delle tariffe (ci sarebbe comunque molto da discutere anche qui sugli effetti che spesso le liberalizzazioni hanno sul lavoro), ma nel commercio non si capisce bene quale dovrebbe essere l'effetto benefico. Anzi, di effetti se ne vede solo di malefici: dipendenti costretti a lavorare nelle domeniche e nelle festività, aumento dei costi di gestione per gli esercenti, favoreggiamento della concorrenza sleale, assecondamento del capriccio (perché di questo si tratta) di fare la spesa la domenica.

"Fare la spesa la domenica è una bella comodità per chi lavora tutta la settimana" 

 Chi pronuncia questa frase di solito è la stessa persona che poi quando il maritino o la mogliettina trova un posto di lavoro nel commercio ed è costretto/a a lavorare la domenica si lamenta perché non può passare i giorni di festa col proprio consorte... La gente che ragiona in questi termini dovrebbe capire che la loro "comodità" ricade sulla pelle di qualcun altro, nella fattispecie i lavoratori. Non mangiavano prima quando i negozi la domenica erano chiusi? Non crediamo proprio. E' semplicemente una questione di abitudine, e la spesa domenicale è una brutta abitudine (fatti salvi quei periodi come il mese di dicembre dove la necessità di maggiori aperture è molto più comprensibile).

"La liberalizzazione comporta vantaggi enormi per i consumatori" 

Riprendiamo un virgolettato da Il Tirreno del 4 gennaio 2012 di Vincenzo Donvito, presidente dell'Aduc, un'associazione di consumatori: "consumatori sono il 100% dei cittadini, che non possono che trarre vantaggi dalla liberalizzazione degli orari, in termini di costi al dettaglio e qualità, che sprigionerebbe i propri benefici non solo sulla gamma delle merci e sulle specializzazioni dei commercianti che le propongono, ma anche sulla vita urbana: negozi sempre aperti significa minori intasamenti, meno problemi di parcheggio, meno costi per i controlli".

Effetti benefici su costi al dettaglio e qualità. 

Aprendo le domeniche? Ma perché? Gamma delle merci e specializzazioni dei commercianti. Aprendo 365 giorni all'anno? Ma per quale motivo? Meno intasamenti e problemi di parcheggio. Beh qui siamo alle comiche. Allora apriamo le poste anche la domenica, che nei giorni normali c'è troppe file e non si trova parcheggio... D'altronde se ho voglia di pagare una bolletta la domenica sarò pure libero di farlo! Ma per favore...

"I turisti che arrivano hanno diritto di trovare sempre tutto aperto" 

 Turisti? Quali turisti? A parte gli scherzi, indubbiamente deve essere fatta una distinzione di periodi e di località. Il piccolo centro balneare che vive di turismo quattro mesi all'anno è comprensibile che consenta aperture libere 7 giorni su 7 in quel determinato periodo, ma nel nostro caso Livorno è una normalissima città. Portuale certo, ci sbarcano le navi, ma sempre città. Quanti croceristi arrivano la domenica? E di questi quanti rimangono a Livorno? E quelli che rimangono a Livorno sono abbastanza per legittimare l'apertura dei negozi ad esempio di tutta la via Grande? A quanto pare no, se i gestori fanno i loro calcoli e decidono di rimanere chiusi.

"Ci sono già tante categorie che lavorano la domenica" 

Certo, verissimo. Medici del pronto soccorso, vigili del fuoco, mezzi pubblici. Si chiamano "servizi essenziali", e spesso sono adeguatamente retribuiti per i loro turni disagiati. Ma fare shopping è un servizio essenziale da garantire 365 giorni all'anno? Su quale base di ragionamento? Perché se il confine fra servizio essenziale e non è assolutamente interpretabile e soggettivo allora si potrebbe esigere di avere sempre un idraulico o un elettricista a disposizione anche la domenica, o il medico di famiglia (che invece ci manda alla ricerca impossibile della guardia medica), oppure di avere un servizio di sportello all'Inps o in Comune anche nei giorni di festa. Ma non è così. Ed è normale che non lo sia, perché il riposo settimanale la domenica è un diritto sacrosanto di chi lavora.

"Più giorni di aperture significa più occupazione per i lavoratori"

E' assolutamente falso. I piccoli negozi quasi mai hanno risorse per assumere nuovi dipendenti, mentre quelli grandi (ad esempio super e ipermercati) hanno organici talmente ampi che riescono a risolvere semplicemente "spalmando" i dipendenti che hanno anche sul lavoro domenicale e festivo. Se c'è aumento di occupazione, è ravvisabile sotto forma di straordinari o forme contrattuali ignobili tipo i "contratti week-end" (splendida invenzione che consente ai datori di assumere personale per uno o due giorni...) o i contratti a chiamata. Insomma, ricadute occupazionali non ce ne sono, o dove ci sono trattasi di forme di autentico sfruttamento della peggior specie.

"I lavoratori del commercio avranno un altro giorno di riposo al posto della domenica, nonché le loro belle maggiorazioni salariali" 

Sfidiamo chi pronuncia questa frase a provare anche solo per una settimana a fare il proprio riposo settimanale di martedì anziché la domenica (giorno in cui tutti i suoi affetti sono in festa), e poi di tornare a dirci che ne pensa... Per quanto riguarda le maggiorazioni salariali non ne parliamo neanche. I posti dove le maggiorazioni non ci sono neanche non si contano da quanti sono. E dove ci sono altro non è che un'elemosina che in busta paga fa appena il solletico

Il commercio è già di per sé un settore dove vige la legge della giungla e dove i diritti dei lavoratori spessissimo sono un miraggio, dove imperversa la precarietà più tremenda, dove la stabilità lavorativa è un miraggio. Di aggiungere disagio in questo settore non se ne sente affatto il bisogno.

Insomma, l'invito è quello di riflettere attentamente su un argomento che può essere considerato lo specchio della società del consumo in cui viviamo. Una società che ci vorrebbe tutti asserviti alla logica delle spese folli, continue e inutili. Le domeniche e i festivi teniamoceli stretti, per restare umani.

Per Senza Soste, Franco Lucenti


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