I fratelli Marco e Gabriele Bianchi, accusati dell'omicidio di Willy Monteiro Duarte, sono stati condannati all'ergastolo.
La sentenza, di primo grado, è stata emessa dai giudici della corte d'Assise di Frosinone. Il 21enne Willy fu massacrato a sangue nel settembre 2020 a Colleferro (Roma).
I giudici della Corte di Assise di Frosinone sono entrati in camera di consiglio per decidere sulle richieste di condanna per l'omicidio di Willy Monteiro Duarte avvenuto nel settembre del 2020.
Un pestaggio dettato da un "impulso violento" messo in atto da mani esperte, secondo i pm che hanno chiesto l'ergastolo per i fratelli Marco e Gabriele Bianchi e 24 anni per Mario Pincarelli e Francesco Belleggia.
La sentenza di primo grado è attesa non prima delle 13.
"Attendiamo con serenità questa sentenza così come abbiamo affrontato l'intero processo - afferma l'avvocato Domenico Marzi, legale della madre e della sorella di Willy -. Gli elementi raccolti su questa tragica vicenda sono a mio avviso univoci".
Il 21enne venne aggredito a morte la notte del 6 settembre del 2020 davanti ad un locale di Colleferro, centro in provincia di Roma. Un blitz di violenza senza alcun motivo. Una "azione del tutto spropositata" e "aggressiva con esiti letali", come hanno scritto i pm di Velletri nelle repliche trasmesse nei giorni scorsi alle parti. Secondo l'impianto accusatorio "appare evidente, come non vi fosse alcun elemento per giustificare una condotta di quel tipo" e messa in atto "utilizzando" una banale discussione nata fuori ad un locale.
Quella notte i fratelli Bianchi hanno dato "sfogo al loro impulso violento, approcciandosi alla folla - scrivono i pm - con il solo intento di ledere e non recedendo dal proprio proposito criminoso nonostante i tentativi" di alcuni presenti "di spiegare come non vi fosse assolutamente la necessità di adoperare violenza". Per l'accusa, di fatto, non esiste un movente per quanto accaduto a Willy. Un quadro di violenza "così banale che si può definire come 'non movente'", afferma l'accusa.
Nella requisitoria del 12 maggio scorso i rappresentanti dell'accusa hanno ricostruito le fasi del pestaggio. Sostanzialmente Willy si è trovato nel posto sbagliato nel momento sbagliato. "L'azione è partita da Marco e Gabriele Bianchi ma poi si salda con quella di Belleggia e Pincarelli e diventando una azione unitaria - hanno spiegato i pm -. Quello che è successo a Willy poteva capitare a chiunque altro si fosse trovato di fronte" al branco. Un ruolo centrale nella requisitoria ha avuto il modus operandi dei quattro e in particolare la conoscenza della Mma, l'arte marziale di cui i Bianchi sono esperti Una tecnica che è stata utilizzata come arma per "annientare il contendente" e di "farlo senza considerare le conseguenze dei colpi". Il pestaggio è durato cinquanta, interminabili, secondi in cui la vittima è stata raggiunta da colpi a ripetizione: "50 secondi di sofferenza incredibile" per il 21 enne di origini capoverdiane.
Nella sua replica, il difensore dei fratelli Bianchi, Massimiliano Pica, ha invece proposto una diversa versione: "Dissento dalla tesi della Procura. I fratelli Bianchi quando sono scesi dall'auto non hanno avuto nessun istinto violento. Non c'è stato nessun calcio frontale, le prove non ci sono. Marco Bianchi si è subito preso le sue responsabilità dicendo