Orlando e Razzi (IdV) vogliono abolire il Cgie che "costa troppo e o

07 Ottobre 2006   09:28  
"Il Consiglio Generale degli Italiani all´Estero ha un senso dopo che gli stessi italiani hanno una rappresentanza centralizzata eletta direttamente (composta dai 18 fra deputati e senatori eletti all´estero) e una rappresentanza territoriale diffusa nel mondo rappresentata dai Comites, eletti in tutte le circoscrizioni consolari in cui risiedano almeno tremila italiani? Si possono impiegare meglio per i nostri connazionali all´estero i fondi oggi destinati al Cgie?". A chiederselo sono i deputati dell´Italia dei Valori Leoluca Orlando e l´abruzzese Antonio Razzi (nella foto è a Lucerna, fra i presidenti dell´Italia Giorgio Napolitano e della Svizzera Moritz Leuenberger) che ricordano che il Cgie "ha svolto negli anni un importantissimo ruolo, per il quale dobbiamo essere grati ai suoi componenti. Oggi, però, alla luce dell´importante conquista della rappresentanza parlamentare, ci chiediamo quale sia la logica di mantenere in piedi una struttura che, per la sua stessa natura, ha costi esorbitanti di quasi quattro milioni di euro annui. A questo punto - continuano i due deputati dipietristi - crediamo che con grande pacatezza, ma allo stesso tempo con grande chiarezza, vada avviata una riflessione su come impiegare al meglio le risorse umane e finanziarie disponibili: perché - si chiedono e concludono - non destinare la somma oggi necessaria per il Cgie al potenziamento dei Comites e al miglioramento della Rete consolare?". Nel suo intervento all´assemblea del Cgie, il ministro degli Esteri Massimo D´Alema si è detto, però, contrario all´ipotesi di soppressione dell´organismo, incassando, lo scontato applauso dei consiglieri. D´Alema ha detto che il Cgie va ripensato e riformato ma che non è un organismo inutile. Sulla stessa linea anche il viceministro Franco Danieli, che degli italiani all’estero ha la delega. D’accordo anche l´onorevole Franco Narducci, segretario generale del Cgie: "Siamo stati i primi a sostenere che, allorché avessimo avuto la rappresentanza parlamentare eletta all’estero, occorreva ripensare il Cgie nei suoi compiti, funzioni, articolazione, funzionamento e persino dimensione numerica", consigliando agli "incauti" Razzi e Orlando "una valutazione retrospettiva del lavoro fatto dal Consiglio dal 1991 a oggi". Contrario alla soppressione del Cgie anche il senatore abruzzese Claudio Micheloni, che pur dimettendosi, come molti altri parlamentari (non tutti) da consigliere Cgie, ha detto: "Non ho dubbi sulla necessità dell’esistenza del Cgie", ha chiarito a quanti nei giorni scorsi hanno male interpretato alcune sue dichiarazioni. "Una necessità", ha ribadito, "per la comunità italiana all’estero, ma anche per noi parlamentari eletti all’estero", perché il Cgie rappresenta "la struttura di collegamento con le realtà dei nostri connazionali".

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