Pd, il consigliere comunale Francesco Valentini sbatte la porta

08 Luglio 2010   23:30  

Fu il primo degli eletti alle comunali di tre anni fa. Oggi, Francesco Valentini, eletto consigliere comunale nella lista dei Ds con 652 preferenze, e poi entrato a pieno titolo nel Pd, abbandona il partito.
Riportiamo la sua lettera di dimissioni, indirizzata al sindaco Cialente, al presidente del Consiglio comunale, al capogruppo del Pd e al segretario nazionale Bersani.

A più di un anno di distanza dal terremoto, tutti noi cittadini ci chiediamo quale sarà L’Aquila del futuro, quale città lasceremo in eredità ai nostri figli.
Tutti noi ci poniamo queste domande ogni giorno, tranne coloro che dovrebbero veramente pensare a dare un futuro alla nostra città.
Com’ è noto, un evento già drammatico di per sé come un terremoto, non esaurisce tutto il suo potenziale offensivo in quei lunghi istanti in cui entra in azione, ma con il passare degli anni: dalla disgregazione sociale si passa al danno psicologico sulle persone che sono avvinte da una commistione di sentimenti: paura, rabbia ed impotenza insieme, sì da lasciare voragini molto più ampie di quelle provocate la notte del 6 aprile.
Ecco che entra in gioco la politica, il ruolo che i singoli partiti e un’amministrazione comunale nel suo insieme deve svolgere per ridurre quanto più possibile gli innumerevoli disagi provocati e provocandi.
Quanti di noi si sono chiesti quali atti abbia emanato l’Amministrazione comunale per far fronte alla ricostruzione della nostra città, cosa abbia fatto e quali progetti sono stati proposti e portati avanti per consentire a questa città di non morire.
Nessuno! O meglio, nessuno che abbia avuto un’incidenza tale da garantire quantomeno un affievolimento dei problemi che i cittadini aquilani sono costretti a vivere quotidianamente.
Mi rendo conto perfettamente di quanto sia difficile affrontare la ricostruzione di un’intera città, ma allo stesso tempo
-non credo sia accettabile per una collettività che il primo Consiglio comunale si sia svolto a distanza di mesi dal drammatico evento;
-non credo che si possa essere talmente inerti da non essere stati in grado di individuare o costruire la tanto auspicata sede unica del Comune;
-non credo possa essere accettata l’idea di una città priva di luoghi di incontro, di aggregazione, sportivi, didattici, o quant’altro dove le relazioni sociali trovano il loro spazio e consentono di definire vivibile la città in cui si vive;
-non credo si possano far morire di fame gli aquilani, non preoccupandosi minimamente per il loro diritto di lavorare;
-non credo si possano commettere errori come dare incarichi a persone senza nessuna particolare competenza e per di più di opposta estrazione politica, facendo rivivere i fantasmi di tempi passati;
-non credo infine si possano continuare a prendere decisioni senza alcuna partecipazione e/o condivisione di coloro che fanno parte della maggioranza e per di più da coloro che fanno parte del principale partito della maggioranza;
Al di là della nuova richiesta di sospensione del pagamento delle tasse, di innumerevoli parole gettate al vento e di una strabiliante protesta consistita addirittura nel “ripiegamento” della fascia, il nostro Sindaco non ha posto in essere alcuna azione concretamente diretta ad alleviare i problemi degli aquilani, ma è stato relegato a subire le scelte che gente straniera, lontana dal conoscere i problemi della collettività aquilana, gli ha imposto.
Alla più che concepibile incapacità di far fronte alla tragedia che purtroppo ci ha colpito, non v’è stata da parte del Primo Cittadino, neanche la modestia e la furbizia di contornarsi di persone competenti, con esperienza, con capacità di prendere decisioni e di assumersi responsabilità o comunque di condividere le scelte di governo con coloro che non poco hanno contribuito alla vittoria del centro sinistra. Tutte le nomine degli assessori nel tempo succedutisi (e questo purtroppo anche prima del terremoto) sono state il frutto di veri e propri ricatti politici accettati - ancora una volta  passivamente - da colui che avrebbe dovuto essere la guida per la città e in cui tanti riponevano le speranze di rinascita della città stessa.
 Questo mio sfogo è dovuto alla speranza e alla fiducia che avevo riposto in questa amministrazione, come partecipazione ad un processo di rinnovamento che, superando i limiti dell’individuo e della di lui appartenenza ad un qualsiasi gruppo, potesse in qualche modo favorire lo sviluppo armonico della nostra società, del nostro territorio e della nostra gente.      
Credo francamente che questa amministrazione, considerata nel suo complesso, non solo non abbia futuro, ma non abbia neanche una specifica ragion d’essere.
Anche se volessi dare alla mia intelligenza  la massima opacità possibile e credere a tutte le parole sino ad ora pronunziate dal primo cittadino, non potrei non rimanere esterrefatto dinanzi alla mancanza assoluta di corrispondenza tra ciò che viene detto e ciò che poi viene (o meglio, non viene) fatto.
Anche gli uomini di vertice del PD non sembrano essersi per niente affannati nel suggerire la elaborazione di meccanismi partecipati e democratici che potessero condurre a vere scelte di governo, non distaccandosi troppo dalle vecchie autoritarie logiche, a retaggio di mentalità a struttura stalinista. Inevitabile il conseguente allontanamento da qualsivoglia partecipato meccanismo: vale a dire, dalla gente.
   Esemplari al riguardo le ultime nomine, gli ultimi avvenimenti amministrativi e politici all’interno del Comune di L’Aquila che stanno a significare la ragion di stato.
D’altronde, sin dal momento della formazione di tale partito, non si è mai avuta in seno ad esso una scelta che può definirsi ragionata e condivisa né con i consiglieri del PD, né tantomeno con i cittadini, i quali sono costretti ad assistere inermi agli innumerevoli avvicendamenti nelle varie poltrone man mano lasciate libere.
 Da tali determinazioni, i consiglieri del PD, o almeno lo scrivente, sono stati di fatto esautorati, potendo apprenderle solo in un secondo momento, quando oramai non c’era più niente da dover discutere.
 Detto ciò, e poiché lo spazio è tiranno, non riuscendo ad intravedere nel comportamento di questo neonato partito il germoglio di una nuova vita, o, se volete, di un nuovo modo di fare politica e di amministrare la cosa pubblica che, proprio in quanto tale, andrebbe amministrata meglio di quella privata, credo di poter e di dover rassegnare le mie dimissioni dal Partito Democratico con effetto immediato.
È per onestà e coerenza comportamentale nei confronti di 652 persone che mi hanno votato che non posso dimettermi dal Consesso comunale nell’ambito del quale cercherò, per quanto possibile, di onorare la fiducia accordatami.

Francesco Valentini


Oroscopo del Giorno powered by oroscopoore