La sconfitta era messa nel conto così come il fatto che il Pd sarebbe
stato punito dopo la vicenda Del Turco. Ma le percentuali, anche se non
definitive, sui voti ottenuti dai democratici in Abruzzo, sotto
l'asticella prevista, e sul successo, pur immaginato di Di Pietro,
bruciano e aprono nel Pd un dibattito sul tipo di opposizione e
sull'efficacia dell'alleanza con Di Pietro che sfocerà nel chiarimento
di venerdì in direzione. Appuntamento che l'ex pm non aspetta per
individuare le responsabilità della sconfitta nei partiti "che non sono
né carne né pesce, che dicono 'ma anche' e che non si decidono vengono
puniti". Walter Veltroni era il primo a non credere che la rimonta in
Abruzzo fosse possibile e che, con un partito alle prese con la
questione morale, gli abruzzesi avrebbero fatto sconti dopo il
terremoto di luglio. Ed è il primo oggi, davanti alle cifre
"impressionanti" dell'astensionismo, a non nascondere il "malessere"
emerso verso il Pd: "Noi dobbiamo saper fare di più per la
moralizzazione della vita pubblica. Io preferisco pagare un prezzo
elettorale subito che compromettere la costruzione di un partito
riformista necessario al Paese". Ma la questione morale non è il conto
principale che i critici interni si preparano a presentare alla
direzione di venerdì, tema sul quale anzi nei giorni scorsi Veltroni e
D'Alema si sono compattati dopo settimane di silenzio. In discussione
sarà in primo luogo il profilo del Pd e la validità della sua
opposizione visto che, come evidenzia Nicola Latorre, "Di Pietro sta
erodendo elettorato più a noi che ai nostri avversari". Un punto sul
quale il leader del Pd difficilmente sarà disposto a fare mea culpa,
convinto invece della necessità di accentuare la piattaforma
innovatrice e riformista dei democratici. "Va bene il dibattito -
avverte Veltroni in vista della conta di venerdì - ma certe volte la
mia sensazione è quella della tela di Penelope. Non può accadere che i
dirigenti del centrosinistra appaiano impegnati nelle 'Baruffe
chiozzotte': serve un segnale di unità e coesione". L'altro tema, sul
quale da tempo i dalemiani sono critici, è l'alleanza con Di Pietro.
Intesa sulla quale oggi aprono una riflessione proprio dirigenti del
partito come Giuseppe Fioroni e Paolo Fontanelli, impegnati a
ridimensionare il successo dell'ex pm. "Il Pd in Abruzzo - è la lettura
di Fioroni - è sopra il 20%, è il primo partito della coalizione.
L'unico rammarico è che se ci fosse stato l'accordo con l'Udc avremmo
vinto". Alleanza da sempre privilegiata da Marco Follini che
dall'Abruzzo ricava due moniti, l'astensionismo e "il costo politico
dell'alleanza con Di Pietro", sulla quale bisognerà riflettere "molto
attentamente". D'altro canto, a scrutinio non ancora concluso, l'aria
che tira tra il Pd e Di Pietro sembra tornata ai toni da prima della
tregua da campagna elettorale. "Noi abbiamo rilanciato la questione
morale e in Abruzzo abbiamo quintuplicato il nostro risultato", esulta
il leader Idv, che accusa il Pd di "ambiguita" sulla moralità e di
essere "né carne né pesce". Baldanza che dal Pd ridimensionano subito:
"Costantini ha preso meno voti dei partiti che lo sostengono,
avvantaggiando l'Idv ma non l'intera coalizione e anche questo sarà
oggetto di riflessione sul futuro", assicurano il responsabile Enti
Locali Paolo Fontanelli ed il portavoce Andrea Orlando