Poche C.A.S.E. e niente lavoro, settembre tempo di emigrare?

I dubbi di una terremotata

24 Agosto 2009   10:07  

Per mesi ci è stata ripetuta la promessa che a settembre tutti gli aquilani sarebbero tornati a L'Aquila sotto un tetto. Purtroppo la verità sta venendo fuori.

Come risulta dal censimento gli sfollati con case E, F o in zona rossa, sono all'incirca quarantamila, ai quali bisogna aggiungere tutte le persone che vivevano in abitazioni B e C per le quali i lavori non sono partiti. Un totale di almeno 50000 sfollati. Per far fronte a questa drammatica situazione ci saranno a disposizione a fine settembre (come afferma la stessa protezione civile) abitazioni del piano c.a.s.e. per soli 4000 abitanti.

Le altre abitazioni non saranno pronte prima di Dicembre e comunque non saranno sufficienti.  Questo è il fallimento del piano c.a.s.e.

Da mesi chiediamo dove si pensa di mettere tutte le altre persone, da mesi proponiamo l'utilizzo di moduli rimovibili e la requisizione di case sfitte, da mesi chiediamo che queste scelte vengano prese con il consenso degli aquilani.

Apprendiamo dalle dichiarazioni di Bertolaso di venerdì 14 agosto, che la soluzione per la grave situazione che ci troveremo ad affrontare a settembre, sarà invece quella di continuare a tenere gli aquilani sulla costa, concentrandoli nel teramano e creando un servizio navetta per chi deve portare i figli a scuola e venire a lavorare a L'Aquila.

Ciò vuol dire che anche parte degli abitanti delle tendopoli saranno trasferiti negli alberghi fuori città, contrariamente da quanto affermato dal sindaco, che in diverse occasioni aveva parlato pubblicamente dell'utilizzo di case mobili.

Ci chiediamo chi è che decide veramente del nostro futuro e se prima di prendere queste decisioni qualcuno si è degnato di consultare la popolazione, cercando di capire cosa sia meglio per i nostri bisogni.

In questo modo si provocherà l'insostenibile disagio di un pendolarismo quotidiano dal teramano, portando L'Aquila allo spopolamento. Attraverso i moduli rimovibili o casette di legno (che con le nuove tecnologie sono sovrapponibili e confortevoli) si poteva e si può ancora evitare questa deportazione prolungata. Tenere gli aquilani negli alberghi continua a costare milioni di euro al giorno. Con queste risorse si sarebbe già potuta comiciare la rimozione delle macerie, la messa in sicurezza e la ricostruzione delle nostre case.

Ci chiediamo quale sia la posizione delle istituzioni locali in merito a queste scelte disastrose. 

Intanto a 5 mesi dal terremoto ancora non si parla di lavoro. Così non riparte L'Aquila, non riparte l'economia e non riparte la vita sociale. Ci opporremo con ogni mezzo allo spopolamento della nostra città.

Enza Blundo


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