Qualcosa si muove a Castelnuovo, le ruspe che abbattono case prima dell'approvazione del Piano...

INTERVISTA AGLI AVVOCATI MERLI E LOPARDI

30 Maggio 2013   01:44  

A Castelnuovo, uno dei paesi più colpiti dal sisma del 2009, e distrutto nella sua quasi totalità, le ruspe hanno cominciato a demolire alcuni edifici, non vincolati, ma comunque di pregio, parte integrante del tessuto storico-architettonico di un borgo antico e unico.

I proprietari, a loro dire, non sono stati però avvisati dell’avvio delle demolizioni. Se ne sono accorti per caso, mentre erano nei loro Map, sentendo il rombo dei motori delle ruspe, che ha spezzato quattro anni di immobile silenzio.

A seguire si è scatenato un putiferio: urla, rischi di svenimento, richieste di spiegazioni agli operai, che però stavano lì a fare il lavoro che gli era stato commissionato.

Un cittadino ha denunciato il fatto che non gli è stato possibile recuperare elementi di pregio, finiti in mezzo le macerie, come ad esempio un'antica ringhiera di ferro battuto, esempio di una antica tradizione artigianale di questi luoghi, che era e doveva tornare ad essere parte integrante del paesaggio urbano di Castelnuovo.

Per non parlare di antichi portali ed elementi di pregio architettonico che, denunciano sempre i paesani, solo in parte sono stati conservati con la cura che doveva essere accordata.

Per fermare la demolizione di una casa per cui era previsto invece il restauro è dovuto intervenire l'ingegnere accorso di tutta fretta a Castelnuovo.

Del resto nessuno si aspettava l'avvio delle demolizioni, semplicemente perchè il Piano di ricostruzione di Castelnuovo, redatto dai cattedratici dell'Università di Firenze, non è stato ancora approvato.

Ed è nel Piano che è indicato cosa deve essere abbattuto perchè pericolante ed irrecuperabile, e quali edifici vanno invece restaurati e consolidati.

A dar forza a queste pesanti perplessità, c'è ora però una sentenza del TAR che ha dato ragione alla cittadina Gabriella Maurizio, proprietaria di uno degli immobili per cui il comune di San Pio delle Camere, di cui Castelnuovo è frazione, aveva disposto la demolizione totale.

Nella sentenza, che riproduciamo integralmente qui sotto, i giudici sostengono che la demolizione è stata disposta in assenza di un Piano di ricostruzione “approvato” .

E che la demolizione è stata in sostanza “anticipata” per una “messa in sicurezza”, immotivata almeno in relazione al palazzo in oggetto perché ''non sussistevano le condizioni di necessità ed urgenza trattandosi di un edificio comunque puntellato e ubicato in un centro storico totalmente chiuso al traffico e al pubblico transito come è tuttora quello di Castelnuovo''.

E ancora: ''il Piano di Demolizione, che è atto programmatorio, non può determinare l’adozione di un provvedimento urgente''.

Il Comune di San Pio, si legge dunque nella sentenza ''ha agito con un eccesso di potere''.

Alcune domande sorgono allora spontanee: quanti edifici storici nei borghi terremotati sono stati abbattuti, o si prevede di abbattere, in modo arbitrario?

A cosa servono i Piani di ricostruzione, costati quasi 10 milioni di euro, e la cui scrittura ha portato via anche due anni, se poi vengono disattesi o si agisce prima ancora della loro approvazione?

Si preferisce forse la demolizione a tappetto e la ricostrzuzione di palazzine in calcestruzzo invece del restauro conservativo, anche dove è la seconda opzione quella che il buon senso e l'intelligenza suggerisce? Anche se ci sono esperienze consolidiate che dimostrano che i paesi anche molto danneggiati possono essere restaurati e messi in sicurezza a parità di costi e mantenendo la loro autenticità e bellezza? 

Come è possibile che a quattro anni dal terremoto tanti, troppi cittadini sanno poco o nulla del Piano di ricostruzione del loro paese, e della ratio che in esso è o dovrebbe essere sotteso, delle dolorose, ma in alcuni casi inevitabili demolizioni, anche delle loro case?

In attesa di poter rispondere a domande cruciali per la ricostruzione e la salvaguardia dei tanti splendidi borghi terremotati, ci limitiamo ad approfondire nell'intervista telefonica, i contenuti e le possibili conseguenze della sentenza del Tar, con gli avvocati Piergiorgio Merli e Riccardo Lopardi

LA SENTENZA

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo (Sezione Prima) ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 367 del 2012, proposto da: Luigina Gabriella Maurizio, rappresentato e difeso dagli avv. Riccardo Lopardi, Piergiorgio Merli, con domicilio eletto presso avv. Piergiorgio Merli in L'Aquila, viale De Gasperi N. 67;

contro Comune di San Pio delle Camere in persona del Sindaco p.t.,

Sindaco Comune San Pio delle Camere;

per l'annullamento

DELL'ORDINANZA SINDACALE N. 20 DEL 29/03/2012, NOTIFICATA A MEZZO RACCOMANDATA IN DATA 19/04/2012, CON LA QUALE E' STATO ORDINATO L'ABBATTIMENTO DI PORZIONI DI UNITA' IMMOBILIARI DI PROPRIETA' DELLA RICORRENTE.

Visti il ricorso e i relativi allegati; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 maggio 2013 il dott. Maria Abbruzzese e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con il ricorso in epigrafe, Gabriella Luigina Maurizio ha impugnato il provvedimento con il quale il Sindaco del Comune di San Pio delle Camere ha ordinato la demolizione totale di un fabbricato “per messa in sicurezza”, nel quale sono ubicate unità immobiliari di proprietà di essa ricorrente, nel centro storico della frazione di Castelnuovo (alla via XXIV Maggio della frazione di Castelnuovo, individuato con il n.30-283 U.SW. 1-2-483.1 di aggregato), gravemente danneggiato dal sisma aquilano del 2009, giacché compreso nella zona da assoggettare a programma di ricostruzione a seguito della perimetrazione e dell’individuazione degli ambiti di cui all’art. 2 e 4 del c.d. Decreto Chiodi del 9.3.2010, nel Piano di ricostruzione approvato dal detto Comune e nel Piano delle demolizioni approvato dal Consiglio Comunale con delibera n.20 del 29.6.2011.

Il ricorso deduce:

1) Eccesso di potere, illogica e contraddittoria motivazione sia in diritto che in fatto, violazione e falsa applicazione dell’art. 16 DPR 6.2.1981, n.66, art. 52 D.lgs. 18.8.2000 n.267, art. 15 L. 24.2.1992, n.229 nonché violazione della L. 241/990:

pur avendo la ricorrente formulato osservazioni all’adottato piano di ricostruzione, l’Amministrazione non vi ha fatto alcun riferimento nel provvedimento impugnato né nella deliberazione con cui ha approvato il Piano di Demolizione;

i beni di cui si dispone la totale demolizione risultano già puntellati, sicché non può configurarsi alcuna urgenza né necessità di mettere in sicurezza i luoghi e le cose di proprietà dei privati e le persone;

non vi è alcuna motivazione sull’urgenza, richiamandosi solo il citato Piano di demolizione che appare l’unica vera ragione dell’adozione della disposizione di salvaguardia;

nessun fatto nuovo è intervenuto tra il sisma e la notifica dell’ordinanza di demolizione che imponesse la ordinata demolizione;

il Piano di Demolizione, che è atto programmatorio, non può determinare l’adozione di un provvedimento urgente;

l’ordinanza sindacale è provvedimento non espressamente previsto per legge;

in concreto l’immobile in questione potrebbe essere recuperato piuttosto che demolito;

2) Violazione e falsa applicazione, sotto ulteriore profilo, art. 16 DPR 6.2.1981, n.66, art. 50 comma 5 e art. 54 comma 2° d.Lgs. 267/2000, eccesso di potere per difetto di istruttoria, difetto di motivazione:

il richiamo all’art. 52 d.lgs. 267/2000 non è pertinente né può farsi rientrare il provvedimento in questione tra quelli contingibili ed urgenti, non trattandosi di provvedimento temporaneo e neppure essendo integrate le condizioni di necessità e urgenza richieste dalla norma, con violazione anche del principio di proporzionalità, tenuto conto dell’esistenza di opere di puntellamento e della mancanza di motivazione sul punto.

Concludeva per l’accoglimento del ricorso e dell’istanza cautelare. Il Comune di San Pio delle Camera non si costituiva in giudizio.

Il TAR adito accoglieva la proposta istanza cautelare.

All’esito della pubblica udienza dell’8 maggio 2013, il Collegio riservava la decisione in camera di consiglio.

DIRITTO

Il provvedimento impugnato ordina la demolizione di un fabbricato di proprietà (in parte) della ricorrente in quanto compreso nel “Piano di demolizione” approvato dal Comune di San Pio delle Camere.

La ricorrente deduce l’insussistenza dei presupposti normativi per procedere alla demolizione, che importa la sostanziale ablazione della proprietà in difetto delle condizioni di legge e in ragione dell’insussistenza dei presupposti di necessità ed urgenza per qualificare il provvedimento come ordinanza contingibile ed urgente. 

Il ricorso è fondato.

Giova evidenziare che, a seguito del disastroso sisma aquilano del 2009, molti centri storici ricompresi nel c.d. “cratere” sono state gravemente danneggiati tanto da imporre una cospicua attività di ulteriore programmazione urbanistica (cfr. art. 2, comma 12 bis del D.Lgs. 28 aprile 2009, n.39 convertita con modificazioni dalla legge 24 giugno 2009, n.77), comprendente la “perimetrazione” degli ambiti territoriali interessati dai crolli o danneggiamenti e la pianificazione delle ulteriori attività pertinenti, con specifico riguardo alle attività di ricostruzione, previa, ove occorra, la demolizione degli edifici pericolanti.

In questo ambito si collocano alcuni provvedimenti assunti dal commissario straordinario per l’emergenza (provvedimenti inquadrabili tra quelli resi in stato di emergenza) e in particolare il decreto n.3 del Commissario Delegato per la Ricostruzione in data 9 marzo 2010, recante “Linee di indirizzo strategico per la ripianificazione del territorio”.

L’articolo 2 del citato decreto prescrive, in particolare, che “ai fini della predisposizione dei piani di ricostruzione sono considerate centro storico (…) e a tal fine perimetrate…le parti del territorio comunale costituite da (…) centri e nuclei, definibili di particolare interesse, nei quali gli edifici distrutti o gravemente danneggiati, che, alla data del presente atto, siano stati dichiarati inagibili o da demolire con ordinanza sindacale o che presentino sulla base delle schede di rilevamento n danno grave o gravissimo, superino il 70% degli edifici esistenti”.

Il successivo articolo 3 prescrive che “l’atto di perimetrazione (…) non comporta mutamenti, modifiche, integrazioni e sostituzioni degli strumenti urbanistici vigenti e delle rispettive norme tecniche di attuazione nonché delle normative in materia ambientale e della disciplina dei vincoli, poiché costituisce mera evidenziazione delle parti di territorio, strutture, aree di pertinenza, urbanizzazioni, su cui intervenire”.

Per ciascun comune, poi, all’interno del perimetro sopra individuato, sono definiti uno o più piani di ricostruzione, che, con lo scopo di assicurare la ripresa socio-economica del territorio di riferimento, promuovere la riqualificazione dell’abitato e facilitare il rientro delle popolazioni nelle abitazioni recuperate, individuano gli interventi idonei a garantire la migliore sicurezza delle costruzioni, rilevando lo stato dei luoghi e prevedendo la “messa in sicurezza di ciascun ambito ai fini dei successivi interventi di ricostruzione” (artt. 5 e 6 decreto n.3 citato).

L’approvazione dei piani di ricostruzione equivale a dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità delle opere previste nel piano della ricostruzione (art. 6, comma 11 decreto n.3 cit.).

L’esame delle disposizioni sopra richiamate consente di ritenere che la eventuale demolizione di fabbricati inagibili o “da demolire con ordinanza sindacale” non è effetto “ex se” del piano di ricostruzione ma piuttosto della ricomprensione dell’edificio, con le caratteristiche individuate all’esito di una complessa attività tecnico discrezionale valutativa, in quegli ambiti già perimetrati e fatti oggetto dell’attività ricostruttiva secondo il cronoprogramma individuato nel piano stesso;

la stessa “messa in sicurezza di ciascun ambito “ è prevista, infatti, “ai fini dei successivi interventi di ricostruzione” (art. 5, comma 3, lett. c) decreto n.3).

In definitiva, la demolizione può essere disposta “con ordinanza sindacale” ove ricorrano condizioni ordinarie di pericolo per la pubblica o privata incolumità (a mezzo delle generali ordinanze contingibili e urgenti di cui al TUEL) ovvero allorché, una volta approvato il piano di ricostruzione, si debba disporre la messa in sicurezza dell’ambito di intervento (che preveda la demolizione del singolo edificio) ovvero, infine, procedere tout court all’attività di ricostruzione previa demolizione.

In sostanza, il sacrificio imposto al privato può ben inquadrarsi nel contesto attuativo della pianificazione (finalizzata alla ricostruzione) ma non può prescindere da essa.

Nel caso di specie, come emerge dallo stesso provvedimento impugnato, la demolizione è stata disposta in assenza di un piano di ricostruzione “approvato” (lo stesso risultava all’epoca solo “adottato” e non poteva dunque produrre gli effetti di dichiarazione di pubblica utilità degli interventi in esso compresi), onde i suoi effetti, come del resto emerge esplicitamente dallo stesso provvedimento di demolizione, sono stati in sostanza “anticipati” con la pretesa “messa in sicurezza” mediante demolizione totale.

A tale possibilità osta non solo la non ancora intervenuta approvazione del piano di ricostruzione (che presuppone il piano delle demolizioni) ma, come rileva la difesa ricorrente, la concorrente mancanza di autonome condizioni di necessità ed urgenza che fondino il provvedimento sostanzialmente ablatorio e che non possono certamente identificarsi nel richiamato risalente quadro fessurativo di un edificio comunque puntellato e ubicato in un centro storico totalmente chiuso al traffico e al pubblico transito come è tuttora quello di Castelnuovo di San Pio delle Camere.

Per le considerazioni che precedono, il ricorso va accolto, palesandosi l’illegittimità di una provvedimento di demolizione assunto prima dell’integrazione delle condizioni normative per procedere all’attuazione del piano di ricostruzione (e degli interventi preliminari alla ricostruzione in esso contemplati) e in assenza delle condizioni di necessità ed urgenza (non affatto evidenziate) autonomamente giustificanti il provvedimento.

La novità della questione giustifica, in assenza di costituzione dell’Amministrazione intimata, la declaratoria di irripetibilità delle spese di giudizio e del contributo versato. P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Abruzzo - L’AQUILA, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato.

Spese compensate e contributo irripetibile. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in L'Aquila nella camera di consiglio del giorno 8 maggio 2013 con l'intervento dei magistrati: Saverio Corasaniti, Presidente Paolo Passoni, Consigliere Maria Abbruzzese, Consigliere, Estensore

 


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