Rapporto Italiani nel Mondo 2008: tributo a John Fante

Lo scrittore originario di Torricella Peligna

07 Ottobre 2008   19:27  

E' John Fante il personaggio simbolo dell' italiano all' estero scelto dal terzo Rapporto sull' emigrazione 2008 . E non è un caso.
Figlio di Nick, nato a Toricella Peligna, e di Maria Capoluongo, nata a Chicago da genitori di origini italiane, John Fante riassume in sè l'essenza di quell' italianità a lungo fraintesa dall' America degli anni '30 e '40. Un personaggio unico per estro letterario e puntualità storica, nel racconto dell' esperienza crudele e nel contempo mistica che è l' emigrazione nella Patria del sogno e della possibilità.
Nato a Denver in Colorado, l'otto aprile del 1909, Fante ha vissuto i primi anni della sua vita a Boulder, tra violenze domestiche e privazioni sociali.
Giovane intellettuale elevato e attento, sviluppò fin dalla più tenera età un interesse antropologico e letterario verso quanto lo circondava e lo coinvolgeva in prima persona: il razzismo e il provincialismo che l' America riservava agli immigrati italiani, i "dagoes", come venivano definiti all' epoca da una società insofferente e sospettosa per via della mano nera prima, e della mafia poi.
Dopo il trasferimento da Boulder a Los Angeles nel 1930, John visse assieme alla famiglia momenti di autentica disperazione, dovuti a difficoltà economiche schiaccianti e lavori brutali, che se da un lato mortificavano la sua sensibilità artistica, dall' altro la forgiavano, strutturando un vissuto che avrebbe in seguito costituito l' amaro e nel contempo ironico sfondo di ogni sua narrazione di successo.
Notato dal celebre critico di allora Henry Lous Mencken, Fante realizzò diversi racconti per le riviste di successo "Atlantic Monthle" e "American Mercury", scrivendo nel frattempo numerose e proficue sceneggiature per Hollywood.
Verso la metà degli anni trenta scrisse il suo primo romanzo "La strada per Los Angeles" uscito postumo nell '85 a 50 anni dalla stesura, ma fu con "Aspetta primavera Bandini" che conquistò il suo posto di scrittore geniale e anticonvenzionale nel panorama letterario americano. A seguire "Chiedi alla polvere", "Una vita impegnata","La confraternita dell'uva", e infine "Sogni di Bunker Hill", scritto sotto dettatura per mano della moglie Joice, in quanto ormai cieco e infermo per via del diabete.
Una vita paradossale quella di John Fante, osannato da personaggi del calibro di Bukowski che lo considerava "il miglior scrittore" che avesse mai letto e "il narratore più maledetto d'America",arrivando persino a minacciare il proprio editore per ottenere la ristampa di "Chiedi alla polvere".
Disprezzato dalla classe media americana, sospettosa e altera nei confronti della sua condizione di immigrato italiano in cerca di fortuna. E infine essere umano privato della propria corporeità, perderà infatti vista e gambe prima di consegnarsi all'eternità sotto le vesti di Arturo Bandini, il più noto dei suoi alter ego.
Qualcuno penserà che John Fante sia stato scelto dalla Migrantes come personaggio emblema dell'eccellenza italiana. Sicuramente.
A me però piace credere che la risposta sia Arturo Bandini, emigrato/immigrato vittima di razzismo e razzista a sua volta. Preso a calci in faccia da una società che non si fida di lui, e della quale di riflesso non si fida. Poetico, sognatore, crudele e vile. Quell' italiano medio nei modi e geniale nei sentimenti che è in ognuno di noi.

GDC


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