Ricercatori Itab, studiano il cervello che gioca a sudoku

28 Giugno 2008   10:50  

Se siete curiosi di conoscere i meccanismi della vostra mente, mentre è impegnata a cercare la soluzione logica ad un problema e volete fare un affascinante ed insolito viaggio che vi accompagni dritto dritto al cuore del vostro cervello, all'interno di quello che è il centro decisionale della vita di ogni individuo, allora fatevi sotto. I ricercatori dell’istituto di tecnologie avanzate biomediche (Itab) della fondazione d’Annunzio, in collaborazione con il Fatebenefratelli di Brescia, cercano infatti volontari con i quali avviare uno studio tutto particolare per la rivista scientifica Focus. Pochi i requisiti richiesti. Basta un pò di coraggio, una buona vista, e una salute di ferro e cosa più importante basta saper giocare al sudoku, l’ormai famosissimo rompicapo giapponese, diventato un vero e un proprio tormentone, che incasella i numeri all’interno di quadratini con l’obiettivo di ripeterli il meno possibile. E si perché i nostri ricercatori, hanno intenzione di monitorare attraverso la risonanza magnetica funzionale cosa succede al cervello quando un individuo gioca a sudoku. Chi vorrà partecipare allo studio, dovrà sottoporsi (in tutta sicurezza) ad una risonanza magnetica proprio mentre gioca a sudoku. Cosimo Del Gratta, responsabile dell’unità di risonanza magnetica funzionale dell’Itab, ha infatti spiegato: "abbiamo preparato un programma di visualizzazione, che presenta una griglia di sudoku, e durante la risonanza il soggetto gioca su questo schermo, mentre noi acquisiamo le immmagini. Chiunque può partecipare, sia esperto del gioco che non. Sarebbe interessante verificare se vi sono attività cerebrali differenti a seconda del livello di esperienza del giocatore”. Tutti, quindi, possono sottoporsi all’ esperimento ad eccezione di chi ha pacemaker o protesi metalliche o ancora chi soffre di claustrofobia, poiché l’esperimento prevede la permanenza all’interno di un tubo di osservazione per circa trenta - quarantacinque minuti. Nuovi scenari possono aprirsi per la ricerca con questa nuova sfida. “Con questo studio speriamo di poter vedere non solo quali aree del cervello si attivano, ma anche come comunicano tra loro, uno degli sviluppi più recenti del neuroimaging” dice del Gratta, “è importante guardare questo aspetto, perché il cervello ha sì aree specializzate per una funzione, ma agisce anche attraverso la comunicazione con le altre sue regioni. Per esempio, quando assistiamo a una scena drammatica, c’è un’area che la registra e altre che la elaborano. Lavoro che cambia nei soggetti sani e in quelli affetti da patologie come l’Alzheimer. Attraverso nuovi protocolli di studio potremo analizzare questi aspetti”.

(ip)


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