Sangue in Palestina. Lettera da Ramallah

di Mustafa Barghouthi e Francesca Borri

02 Gennaio 2009   18:39  

“I bombardamenti continuano e forse, come successo nell’ultima settimana, continueranno ininterrottamente per tutta la notte; oggi hanno usato meno gli aerei forse perché il cielo era coperto di nuvole”: lo riferisce una fonte palestinese della MISNA raggiunta a Gaza sul finire del settimo giorno di offensiva israeliana; la fonte, anonima per motivi di sicurezza, riferisce di una situazione umanitaria in peggioramento con negozi dove solo i pochi ricchi possono andare ad acquistare e famiglie che uniscono gli sforzi per trovare qualcosa da mangiare: “Gli aiuti dell’Onu non arrivano più, mancano tutti i generi fondamentali, la gente resta chiusa in casa. Per strada circolano solo ambulanze, poche le auto; si va in giro come saltando da un’immagine di disperazione a un’altra, tra macerie e ruderi di case distrutte”. Dal Cairo, l’agenzia di stampa italiana Ansa stasera riferisce: “Decine di palestinesi della Striscia di Gaza hanno sfondato il muro di confine con l'Egitto nei pressi della barriera mobile di Salaheddin mentre colpi d'arma da fuoco venivano scambiati tra guardie di frontiera egiziane e agenti palestinesi. Lo hanno detto testimoni oculari. Le forze egiziane hanno chiesto rinforzi alla vicina città di Al Arish e agenti di polizia hanno cominciato ricerche dei palestinesi entrati in Egitto in vari quartieri della parte egiziana della città di Rafah. Non si sono avute per ora notizie su eventuali feriti”. Intanto, il bollettino di guerra continua a salire, trovando più o meno concordi fonti e mezzi d’informazione diversi; Mouwaiya Hassanein, capo dei servizi delle emergenze mediche a Gaza, segnala stasera sul fronte palestinese non meno di 432 vittime accertate (secondo l’Onu, per almeno un quarto civili) e più di 2500 feriti, qualche centinaio dei quali in condizioni molto gravi o gravi, soprattutto in mancanza di medicinali sufficienti e con gli ospedali traboccanti; sarebbero quattro le vittime israeliane dei razzi partiti dalla Striscia.

Sul fronte politico, mentre continuano i proclami ‘forti’ da parte israeliana, l’inviato delle Nazioni Unite per il Medio Oriente, Robert Serry, ha detto che l’Onu “sta valutando l’ipotesi di un sistema per monitorare” un eventuale cessate-il-fuoco. Alla sostanziale immobilità dei vertici della comunità internazionale, Israele ha fatto seguire, secondo il quotidiano israeliano ‘Haaretz’, un’altra giornata di bombe su almeno 35 diversi obiettivi; in base a una stima fornita dall’agenzia palestinese ‘Maan’ da ieri almeno 28 persone sono rimaste uccise e 16 di queste erano minori. I media internazionali e israeliani, anche i più moderati, continuano a dare comunque ampio risalto e spazio ai razzi lanciati da Gaza in direzione di cittadine di confine. Nel resto del mondo si sono susseguite intanto proteste della società civile ed altre sono in corso di organizzazione nei prossimi giorni; a Stoccolma più di mille hanno partecipato alla terza manifestazione pro-Gaza e anti-Israele. Milioni di musulmani hanno recitato la ‘salat al-ghaib’, la “preghiera dell’assente”, una formula usata quando si vuole dare l’estremo saluto a qualcuno che è morto lontano dal luogo in cui si vive. L'organizzazione per i diritti umani Amnesty International “costernata per l’assenza di sforzi per migliorare la situazione umanitaria” a Gaza, ha scritto al Segretario di stato americano uscente denunciando lo “squilibrio” della posizione americana nella crisi a Gaza e la “sproporzione” della risposta israeliana, chiedendo a Washington di bloccare le consegne di armi a Israele.  

 

Lettera da Ramallah di Mustafa Barghouthi e Francesca Borri
Ramallah, 27 dicembre 2008.

 

 

E leggerò domani, sui vostri giornali, che a Gaza è finita la tregua. Non era un assedio dunque, ma una forma di pace, quel campo di concentramento falciato dalla fame e dalla sete. E da cosa dipende la differenza tra la pace e la guerra? Dalla ragioneria dei morti? E i bambini consumati dalla malnutrizione, a quale conto si addebitano? Muore di guerra o di pace, chi muore perché manca l'elettricità in sala operatoria? Si chiama pace quando mancano i missili - ma come si chiama, quando manca tutto il resto?
E leggerò sui vostri giornali, domani, che tutto questo è solo un attacco preventivo, solo legittimo, inviolabile diritto di autodifesa. La quarta potenza militare al mondo, i suoi muscoli nucleari contro razzi di latta, e cartapesta e disperazione.

E mi sarà precisato naturalmente, che no, questo non è un attacco contro i civili - e d'altra parte, ma come potrebbe mai esserlo, se tre uomini che chiacchierano di Palestina, qui all'angolo della strada, sono per le leggi israeliane un nucleo di resistenza, e dunque un gruppo illegale, una forza combattente? - se nei documenti ufficiali siamo marchiati come entità nemica, e senza più il minimo argine etico, il cancro di Israele?

Se l'obiettivo è sradicare Hamas - tutto questo rafforza Hamas. Arrivate a bordo dei caccia a esportare la retorica della democrazia, a bordo dei caccia tornate poi a strangolare l'esercizio della democrazia - ma quale altra opzione rimane? Non lasciate che vi esploda addosso improvvisa.

Non è il fondamentalismo, a essere bombardato in questo momento, ma tutto quello che qui si oppone al fondamentalismo. Tutto quello che a questa ferocia
indistinta non restituisce gratuito un odio uguale e contrario, ma una parola scalza di dialogo, la lucidità di ragionare, il coraggio di disertare - non è un attacco contro il terrorismo, questo, ma contro l'altra Palestina, terza e diversa, mentre schiva missili stretta tra la complicità di Fatah e la miopia di Hamas.

Stava per assassinarmi per autodifesa, ho dovuto assassinarlo per autodifesa - la racconteranno così, un giorno i sopravvissuti.

E leggerò sui vostri giornali, domani, che è impossibile qualsiasi processo di pace, gli israeliani, purtroppo, non hanno qualcuno con cui parlare. E effettivamente - e ma come potrebbero mai averlo, trincerati dietro otto metri di cemento di Muro? E soprattutto - perché mai dovrebbero averlo, se la
Road Map è solo l'ennesima arma di distrazione di massa per l'opinione pubblica internazionale?
Quattro pagine in cui a noi per esempio, si chiede di fermare gli attacchi terroristici, e in cambio, si dice, Israele non intraprenderà alcuna azione che possa minare la fiducia tra le parti, come - testuale - gli attacchi contro i civili. Assassinare civili non mina la fiducia, mina il diritto, è un crimine di guerra non una questione di cortesia. E se Annapolis è un processo di pace, mentre l'unica mappa che procede sono qui intanto le terre confiscate, gli ulivi spianati le case demolite, gli insediamenti allargati - perché allora non è processo di pace la proposta saudita? La fine dell'occupazione, in cambio del riconoscimento da parte di tutti gli stati arabi. Possiamo avere se non altro un segno di reazione? Qualcuno, lì, per caso ascolta, dall'altro lato del Muro?
Ma sto qui a raccontarvi vento. Perché leggerò solo un rigo domani, sui vostri giornali e solo domani, poi leggerò solo, ancora, l'indifferenza. Ed è solo questo che sento, mentre gli F16 sorvolano la mia solitudine, verso centinaia di danni collaterali che io conosco nome a nome, vita a vita - solo una vertigine di infinito abbandono e smarrimento. Europei, americani e anche gli arabi - perché dove è finita la sovranità egiziana, al varco di Rafah, la morale egiziana, al sigillo di Rafah? - siamo semplicemente soli.

Sfilate qui, delegazione dopo delegazione - e parlando, avrebbe detto Garcia Lorca, le parole restano nell'aria, come sugheri sull'acqua. Offrite aiuti umanitari, ma non siamo mendicanti, vogliamo dignità libertà, frontiere aperte, non chiediamo favori, rivendichiamo diritti. E invece arrivate, indignati e
partecipi, domandate cosa potete fare per noi. Una scuola?, una clinica forse? delle borse di studio? E tentiamo ogni volta di convincervi - no, non la generosa solidarietà, insegnava Bobbio, solo la severa giustizia - sanzioni, sanzioni contro Israele. Ma rispondete - e neutrali ogni volta, e dunque
partecipi dello squilibrio, partigiani dei vincitori - no, sarebbe antisemita.

Ma chi è più antisemita, chi ha viziato Israele passo a passo per sessant'anni, fino a sfigurarlo nel paese più pericoloso al mondo per gli ebrei, o chi lo avverte che un Muro marca un ghetto da entrambi i lati? Rileggere Hannah Arendt è forse antisemita, oggi che siamo noi palestinesi la sua schiuma della terra, è antisemita tornare a illuminare le sue pagine sul potere e la violenza, sull'ultima razza soggetta al colonialismo britannico, che sarebbero stati infine gli inglesi stessi? No, non è antisemitismo, ma l'esatto opposto, sostenere i tanti israeliani che tentano di scampare a una nakbah chiamata sionismo. Perché non è un attacco contro il terrorismo, questo, ma contro l'altro Israele, terzo e diverso, mentre schiva il pensiero unico stretto tra la complicità della sinistra e la miopia della destra.

So quello che leggerò, domani, sui vostri giornali. Ma nessuna autodifesa, nessuna esigenza di sicurezza. Tutto questo si chiama solo apartheid - e genocidio. Perché non importa che le politiche israeliane, tecnicamente, calzino oppure no al millimetro le definizioni delicatamente cesellate dal diritto internazionale, il suo aristocratico formalismo, la sua pretesa oggettività non sono che l'ennesimo collateralismo, qui, che asseconda e moltiplica la forza dei vincitori. La benzina di questi aerei è la vostra neutralità, è il vostro silenzio, il suono di queste esplosioni. Qualcuno si sentì berlinese, davanti a un altro Muro. Quanti altri morti, per sentirvi cittadini di Gaza?

Mustafah Barghouti con Francesca Borri

 

In piazza per la pace e per la tragedia palestinese

Sul corso dell'Aquila luci e colori che infondono un senso di pace . In questi giorni di festa e serenità, nonostante la crisi economica, non va però dimenticato che la pace, in questo martoriato mondo è un fragile privilegio.  Non va ...

 


Oroscopo del Giorno powered by oroscopoore