Scarcerato a Sulmona il figlio di Totò Riina

Condannato in primo grado a 14 anni

28 Febbraio 2008   10:22  
Davanti al carcere di Sulmona ad attendere Giuseppe Salvatore Riina, il figlio del boss di Colreone Totò Riina ci sono la madre ed il cognato, a bordo di una mercedes di colore nero.
I familiari sono arrivati stamani a Sulmona.  Ai cronisti ha detto, sorridendo, di non avere "nulla da dichiarare". Poi si è rivolto a un fotografo al quale era caduta per terra la fotocamera e, sempre sorridendo, gli ha detto: "Stai attento che rompi la macchina". Quindi ha abbracciato chi lo stava aspettando - prima l´uomo e subito dopo
la madre - e poi è salito sull´auto che si è subito allontanata.
Si conclude così l´eseprienza carceriaria del terzogenito di Totò Riina, recluso dal 2002 nel supercarcere di Sulmona, in regime di 41 bis.
Accusato di associazione mafiosa ed estorsione era stato condannato in primo grado a 14 anni e 6 mesi. In appello la pena era stata ridotta a 11 anni e 8 mesi. La Corte di cassazione, però, aveva annullato senza rinvio la condanna per estorsione e con rinvio quella per associazione mafiosa.
Il processo era tornato davanti ad un´altra sezione della corte d´appello di Palermo che aveva condannato nuovamente Riina per l´associazione mafiosa a 8 anni e 10 mesi.
I legali, intanto, avevano fatto ricorso al tribunale del riesame di Palermo contro la custodia cautelare in carcere del  terzogenito del capomafia di Corleone, sostenendo che nel  frattempo erano decorsi i termini di carcerazione. I giudici della libertà l´avevano respinto. Così il penalista spiega la questione tecnica legata
scadenza dei termini di custodia. "La legge è chiara. - dice -  tra la sentenza di primo grado e quella d´appello non possono  trascorrere più di due anni, più sei mesi per la stesura della  sentenza, periodo in cui i termini di custodia sono congelati.
Nel caso di Riina la sentenza del tribunale è del 31 dicembre  del 2004; quella dell´appello, dopo l´annullamento della  Cassazione, è di dicembre 2007. I termini, dunque, erano  scaduti già a giugno dell´anno scorso". Una spegazione ineccepile dal puto di vista legale, ma che lascia l´amaro in bocca ai parenti dele tante vittime della ferocia mafiosa edi chi è in prima linea per restituie una parte d´Italia alla legalità.

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