Il 19 dicembre la Corte d’Assise d’Appello dell’Aquila emetterà il verdetto mentre movimenti pro-Palestina annunciano nuove iniziative e criticano la presunta natura politica del processo.
Entrerà nel momento decisivo il prossimo 19 dicembre il procedimento davanti alla Corte d’Assise d’Appello dell’Aquila, che vede imputati i tre cittadini palestinesi Anan Yaeesh, Ali Irar e Mansour Dogmosh. La Procura ha chiesto condanne pari a 12, 9 e 7 anni di reclusione, richieste che saranno valutate al termine dell’intervento dei rispettivi collegi difensivi, previsto nella stessa giornata.
In vista della sentenza, i movimenti riuniti sotto le sigle “Campagna Free Anan” e “Reti per la Palestina di Basilicata” hanno annunciato una nuova mobilitazione a Melfi, luogo in cui Yaeesh si trova attualmente detenuto. L’iniziativa, secondo gli organizzatori, vuole esprimere sostegno ai tre imputati e alla più ampia causa palestinese, riportando in piazza slogan come “Libertà per Anan, Ali e Mansour” e “La resistenza non si arresta”.
Nella nota diffusa dalle associazioni, il processo in corso all’Aquila viene descritto come un procedimento dalla “chiara valenza politica”, ritenuto potenzialmente idoneo a creare un precedente per chi manifesta solidarietà alla popolazione palestinese o critica le politiche considerate militari del governo italiano, della Nato e dell’Unione Europea. Secondo gli attivisti, la pena richiesta per Anan sarebbe addirittura superiore a quelle già affrontate in passato nelle carceri israeliane, dove l’uomo avrebbe scontato anni di detenzione in relazione alla seconda Intifada.
Il documento diffuso dai promotori parla inoltre di un presunto “clima di terrore generalizzato”, definendo l’attuale assetto politico ed economico come “complice dell’occupazione” e citando il Ddl Gasparri come un ulteriore elemento di preoccupazione per le possibili ricadute su libertà di espressione e iniziative di solidarietà.
La decisione della Corte d’Appello è attesa con grande attenzione, sia da parte delle realtà associative che seguono il caso, sia da diversi osservatori internazionali che monitorano i procedimenti riguardanti cittadini palestinesi in Europa.