Sulmona da bere....

11 Gennaio 2007   15:36  
Anno nuovo soliti drammi sul versante dell´occupazione. La Davide Campari Milano ha comunicato ufficialmente che "le condizioni industriali, organizzative ed economiche dello stabilimento di Sulmona sono ormai tali da compromettere il prosieguo della attività". Perderanno dunque il lavoro altre 100 famiglie dell´area peligna, già investita da una grave crisi industriale con una percentuale di disoccupazione che supera il 30%. Mobilitati i sindacati e operai ma la sensazione che si respira fuori i canceli della fabbrica è di sconforto. Il malore di un operaio di 43 anni di Molina Aterno, colto stamane da infarto durante il presidio, contribuisce ad aumentare la tensione. La proprietà nel maggio 2006 aveva assicurato che nonostante il calo delle vendite delle bevande Campari-Crodo preparate nello stabilimento sulmonese " non avrebbe assolutamente spostato la produzione o operato tagli del personale". Affermò inoltre un sindacalista di ritorno da un incontro tenuto a Milano: "L´azienda si è detta disponibile a individuare altre possibili soluzioni per incrementare la produzione dello stabilimento peligno". Dopo pochi mesi quelle parole suonano solo come promesse al vento per calmare le acque e procedere senza intoppi alla dismissione. La Campari opera prevalentemente nel Nord e l´apertura di nuovi siti industriali ha decretato la condanna a morte dello stabilimento sulmonese in quanto esso, fa sapere la proprietà "non ha raggiunto nella sua storia un livello di efficienza accettabile, nonostante tutti gli investimenti, i trasferimenti di produzioni e gli sforzi, risultati vani, di trovare nuove opportunità produttive anche per conto terzi". Si concede solo la disponibilità ad "un programma di misure alternative e di sostegno e di riqualificazione professionale in grado di minimizzare l´impatto di una decisione dolorosa ma inevitabile". "Non lasceremo nulla di intentato per evitare la chiusura della fabbrica - ribatte Franco Pescara della Cisl - perché il sito sulmonese ha garantito nel corso degli anni alti livelli di produttività e questo grazie alla grande professionalità dei lavoratori". Affermazioni che agli operai che rischiano il posto suonano quasi uno stanco rituale che accompagna crisi industriali senza uscita. "La verità - afferma uno di loro - è che le ragioni del profitto divergono sempre più da quelle del territorio e dei lavoratori. La politica e i sindacati sono impotenti a cambiare questo stato di cose". FT

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