Terremoto, crollo in via D'Annunzio con 13 morti, l'Appello riduce la pena

24 Settembre 2015   08:57  

La corte d'Appello dell'Aquila, riformulando la sentenza di primo grado (3 anni e mezzo di reclusione) da parte del Tribunale dell'Aquila, ha condannato ad un anno e 10 mesi di reclusione l'ingegnere aquilano Fabrizio Cimino, accusato di omicidio colposo plurimo e lesioni per il crollo della palazzina di via Gabriele d'Annunzio, a causa del sisma del 6 aprile 2009, nella quale morirono tredici persone.

Si tratta di uno dei filoni piu' dolorosi delle maxi inchieste aperte dalla Procura della Repubblica dell'Aquila per i lutti del post sisma. Per Cimino il pg aveva chiesto la condanna a 3 anni di reclusione.

L'imputato era accusato di presunti errori nella ristrutturazione del palazzo avvenuta nel 2002.

Documento cardine del processo di primo grado una perizia affidata dal giudice al docente di Scienza delle costruzioni del Politecnico di Milano Gabriella Mulas, gia' autrice nell'altro processo sul crollo della Casa dello Studente.

Su questa perizia c'era stato spesso scontro in aula con le difese, in particolare con il consulente Franco Braga, docente di Tecnica delle costruzioni all'Universita' "La Sapienza" di Roma, ex sottosegretario alle Politiche agricole nel governo Monti.

Secondo la tesi accusatoria se Cimino avesse esaminato il progetto originario del palazzo, viziato da gravi errori di progettazione e vulnerabilita', avrebbe scongiurato la morte di quelle vittime del sisma: di qui la decisione di chiedere la condanna.

In particolare, nel progettare alcuni lavori di ristrutturazione seguiti a danneggiamenti, l'imputato non avrebbe indicato quali erano i pilastri coinvolti, non avrebbe svolto analisi di calcolo, non avrebbe consegnato il progetto al Genio Civile, che in teoria avrebbe potuto disporre un collaudo.

L'avvocato Stefano Rossi, legale di fiducia dell'imputato ha annunciato ricorso in Cassazione.


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