Torna in cella Riina Jr, già recluso al carcere di Sulmona

Carriera e misfatti di un figlio di papà

09 Gennaio 2009   12:37  

VIDEO I carabinieri del Ros hanno arrestato Giuseppe Salvatore Riina eseguendo così l'ordine di carcerazione emesso in seguito alla condanna resa definitiva dalla Cassazione. Il rampollo di Totò Riina deve ancora scontare dieci mesi di carcere. La pena che gli era stata inflitta dalla Corte d'appello di Palermo era di otto anni e dieci mesi per associazione mafiosa. I carabinieri sono arrivati poco prima delle ore 23 nella casa in cui vive la famiglia Riina e hanno trovato Giuseppe Salvatore e la madre Ninetta Bagarella. Al giovane i militari hanno notificato il provvedimento e subito dopo è stato fatto salire su un'auto e portato via da Corleone.

RIINA JR PER LA PRIMA VOLTA IN CELLA NEL 2002

Giuseppe Salvatore Riina era stato arrestato nel 2002. Secondo i magistrati "era diventato il nuovo punto di riferimento della famiglia Riina e protagonista della riorganizzazione della cosca facente capo al padre che egli gestisce come una vera e propria impresa". Accusato di associazione mafiosa ed estorsione, Riina jr era stato condannato in primo grado a 14 anni e 6 mesi. In appello la pena era stata ridotta a 11 anni e 8 mesi. La Corte di Cassazione, però, aveva annullato la condanna per associazione mafiosa e rinviato il processo ad un'altra sezione della Corte d'appello di Palermo che aveva confermato la condanna per associazione mafiosa a 8 anni e 10 mesi. Mancava il pronunciamento della Cassazione che la corte avrebbe dovuto emettere entro un termine fissato per legge. Purtroppo i giudici non hanno sentenziato e per "decorrenza termini", l'imputato aveva otteneuto la libertà.

 

LA SCARCERAZIONE  DI SULMONA

 




LA SCARCERAZIONE  DI SULMONA E LA CARRIERA DI RIINA JR RACCONTATO DA RUOPPOLO TELEACRAS







CHI E' IL PADRE TOTO'RIINA



Gli inizi dell' attività criminale



Nel 1943 Riina perse il padre Giovanni ed il fratello Giuseppe di 7 anni mentre insieme a lui ed al fratello Gaetano stavano cercando di togliere la polvere da sparo da una bomba americana inesplosa rinvenuta tra le terre che curavano per rivenderla insieme al metallo. Gaetano rimase ferito e Totò rimase illeso.[1] Dopo la morte del padre per l'esplosione, essendo il maggiore dei figli maschi, a 13 anni divenne il capo famiglia. In questi anni conobbe il criminale Luciano Liggio che gli insegnò a rubare i covoni di grano e a chiedere il pizzo ai contadini.

Già diciannovenne dovette scontare una pena di 6 anni all'Ucciardone per aver ucciso, in una rissa durante una partita di bocce, il suo coetaneo Domenico Di Matteo che lo accusava di avergli ucciso tutto il bestiame.

Venne scarcerato il 13 settembre 1956 a causa delle poche accuse contro di lui e ritornò nel suo vecchio paese Corleone per assumere un ruolo di rilievo al servizio di Luciano Liggio. In questo periodo conobbe e cominciò a frequentare Antonietta Bagarella, sorella di Calogero e Leoluca Bagarella, che molto presto diverrà sua fidanzata. Insieme a Liggio si cominciò ad occupare della macellazione clandestina del bestiame rubato al feudo Piano di Scala. Accanto a loro c'era Bernardo Provenzano, detto "Binnu u' tratturi". Liggio e i suoi fedelissimi inizialmente furono al servizio del dottor Michele Navarra, capomafia di Corleone. Successivamente assetati di potere decisero di eliminare Navarra per ottenere il predominio nel paese.

Tra gli uomini di Liggio figurava anche lo zio di Salvatore, Giacomo Riina, arrestato nel 1942 insieme allo stesso Liggio per contrabbando di sigarette.

Michele Navarra fu assassinato dai sicari di Liggio (2 agosto 1958) che assunse la guida del clan corleonese. Riina, insieme agli amici d'infanzia Bernardo Provenzano e Calogero Bagarella, iniziò ad assassinare coloro che erano stati fedeli a Navarra (i cosiddetti "navarriani").

Intorno alla prima metà degli anni '60, lui, Luciano Liggio e Bernardo Provenzano diedero inizio alla scalata criminale al potere di Palermo, dove contavano sull'appoggio dell'allora assessore Vito Ciancimino, pure lui di Corleone. Grazie a lui fecero un patto con Salvatore La Barbera per il controllo del mercato della carne e il traffico di sigarette. Liggio lasciò Riina e Provenzano a gestire gli affari a Palermo e si nascose a Corleone. Ma La Barbera venne rapito ed ucciso dai boss della famiglia mafiosa dei Greco e scoppiò la "prima guerra di mafia". I componenti del clan La Barbera fuggirono dal capoluogo palermitano e così fece Riina. Ma fu arrestato nel 1963: una notte, mentre si trovava in una stazione di servizio a Palermo, una pattuglia di Polizia gli chiese di favorire la patente ed il libretto. Riina, che aveva una carta d'identità falsa (in cui il suo nome risultava essere "Giovanni Grande" da Caltanissetta) ed una pistola non regolarmente dichiarata, tentò di scappare ma venne braccato facilmente dalle forze dell'ordine.

Tuttavia, dopo aver scontato alcuni anni di prigione al carcere dell'Ucciardone (dove conobbe Gaspare Mutolo), fu assolto nei due processi a suo carico (per forti minacce che ricevettero i giudici), svoltisi a Catanzaro e a Bari (10 giugno 1969). Arrestato nuovamente il 17 giugno 1969 in un albergo di Bitonto mentre era in compagnia di Liggio, il 7 luglio 1969 la prima sezione del tribunale di Palermo lo condannò a quattro anni di confino a San Giovanni in Persiceto (provincia di Bologna). Ma Riina, con la scusa di ritornare per due giorni a Corleone per salutare i suoi parenti, si diede alla latitanza e non partì più per il confino


L'ascesa ai vertici di Cosa nostra 

Salvatore Riina fu tra gli esecutori della Strage di Viale Lazio, dove morirono Calogero Bagarella e il boss Michele Cavataio, obiettivo da eliminare (1969). A Palermo si fece nemici il boss Giuseppe Di Cristina, Giuseppe Calderone, Stefano Bontate e Salvatore Inzerillo che volevano impedire l'ascesa dei Corleonesi chiamati da loro viddani, cioè "contadini". Fu invece appoggiato dai capi mafiosi Michele Greco e Pippo Calò. In questo periodo Riina prese il posto di Liggio, arrestato nel 1974, come "boss dei boss" e sotto il suo comando i Corleonesi accrebbero notevolmente il proprio potere finanziario, grazie al traffico di droga e alle gare d'appalto a Palermo.

Il 16 aprile dell'anno 1974 sposa Antonietta Bagarella (sorella minore del suo amico d'infanzia Calogero). Dopo il matrimonio hanno avuto quattro figli: Concetta, Giovanni, Giuseppe e Lucia. Riina non ha mai fatto mancare niente alla moglie e ai loro figli, aveva un certa protezione per loro e qualche volta si dimostrava disponibile alla famiglia.

Al suo servizio troviamo tre dei più feroci killer: Pino Greco detto Scarpuzzedda, esecutore di vari ed efferati delitti, Mario Prestifilippo e Leoluca Bagarella, cognato dello stesso Riina.

Siccome Di Cristina e Calderone lo stavano ostacolando, li fece assassinare barbaramente. Il boss Bontate invitò Riina nella sua villa per ucciderlo. Ma quest'ultimo venne avvisato da Michele Greco e alla villa mandò due suoi uomini: il piano omicida di Bontate era fallito.

Riina allora fece uccidere Stefano Bontate e Salvatore Inzerillo: queste due uccisioni scatenarono una sanguinosa seconda guerra di mafia nei primi anni '80. Durante questa "guerra" fece uccidere i parenti del boss Tommaso Buscetta (che si salvò fuggendo in Brasile) da superkiller spietati come il giovanissimo Lucchese Micciche' Giuseppe e Antonino Madonia. In seguito Buscetta verrà estradato in Italia e comincerà a collaborare con il giudice Giovanni Falcone. Sconfitte le famiglie dei Bontate, degli Inzerillo, dei Di Cristina, dei Buscetta, dei Badalamenti e dei Calderone, Riina estese il suo potere su tutta Cosa Nostra e realizzò in questo periodo un'aggressiva campagna contro lo Stato, ordinando gli omicidi di tutti coloro che lo ostacolavano.

Le persone che Riina fece uccidere furono:


    * Il procuratore Pietro Scaglione (ucciso nel 1971)
    * Il tenente colonnello Giuseppe Russo (ucciso nel 1977)
    * Il giornalista Mario Francese (ucciso nel 1979)
    * Il politico Michele Reina (ucciso nel 1979)
    * Il capo della squadra mobile Boris Giuliano (ucciso nel 1979)
    * Il giudice Cesare Terranova (ucciso nel 1979)
    * Il presidente della Regione Siciliana Piersanti Mattarella (ucciso nel 1980)
    * Il carabiniere Emanuele Basile (ucciso nel 1980)
    * L'onorevole Pio La Torre (ucciso nel 1982)
    * Il prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa (ucciso nel 1982)
    * Il poliziotto Calogero Zucchetto (ucciso nel 1982)
    * Il giudice Rocco Chinnici (ucciso nel 1983)
    * I commissari Beppe Montana e Ninni Cassarà (uccisi nel 1985)
    * L'imprenditore Libero Grassi (ucciso nel 1991)
    * I giudici Falcone e Borsellino (uccisi nel 1992).

Il potente politico della DC Salvo Lima e l'esattore della famiglia di Salemi Ignazio Salvo avrebbero promesso a Riina che la sentenza del Maxiprocesso (che lo condannava all'ergastolo in contumacia) sarebbe stata modificata grazie alle loro conoscenze negli ambienti della politica e della magistratura romana. Ciò, tuttavia, non avvenne e il 30 gennaio 1992 la Cassazione confermò gli ergastoli e sancì la validità delle dichiarazioni del pentito Buscetta. Riina reagì facendo uccidere prima Lima e pochi mesi dopo Ignazio Salvo.

L'arresto 

Il 15 gennaio del 1993 fu catturato dal Crimor (squadra speciale dei ROS guidata dal Capitano Ultimo) sulle indicazioni del neopentito Baldassare Di Maggio. Riina, latitante dal 1969, venne arrestato al primo incrocio davanti alla sua villa in via Bernini 54, insieme al suo autista Salvatore Biondino, a Palermo, nella quale trascorse alcuni anni della sua latitanza insieme alla moglie Antonietta Bagarella e ai suoi figli. Secondo alcune fonti dietro il suo arresto c'è la mano del suo braccio destro, nonché amico d'infanzia Bernardo Provenzano, ansioso sia di divenire lui stesso Capo dei Capi di Cosa Nostra, sia perché in contrasto con Riina circa l'attacco ad oltranza allo Stato (con i relativi massacri di personalità di spicco dello Stato stesso).

Il carcere

Fino al luglio del 1997 Riina è stato rinchiuso nel supercarcere dell'Asinara, in Sardegna. In seguito è stato trasferito al carcere di Marino del Tronto ad Ascoli Piceno dove, per circa tre anni, era sottoposto al carcere duro previsto per chi commette reati di mafia, il 41 bis, ma il 12 marzo del 2001 gli venne revocato l'isolamento, consentendogli di fatto la possibilità di vedere altre persone nell'ora di libertà. Nel 2003 gli è stata annullata tale revoca ed è costretto nuovamente al carcere duro.

Totò Riina oggi

Attualmente si trova al carcere di Opera (Mi), sotto regime di 41 bis. Nel Maggio del 2008, i legali del ex Capo dei Capi hanno presentato un reclamo contro il decreto di proroga del regime di 41 bis, nonché l'istanza di differimento della pena o detenzione domiciliare in un luogo di cura per motivi di salute (nel 2003 ebbe un infarto). Tuttavia, il Tribunale di Sorveglianza ha prontamente rigettato l'istanza e ha confermato il carcere duro al boss, per inappellabili reati di rilevantissima gravità. La Suprema Corte di Cassazione ritiene, inoltre, Riina ancora in una posizione di vertice all'interno dell'organizzazione mafiosa (Cosa Nostra) e un potenziale pericolo pubblico per la società e per la giustizia stessa. Si teme che il Boss corleonese possa in qualche modo riallacciare i contatti con Cosa Nostra e quindi tornare ad occuparne una posizione rilevante con tutti i rischi annessi, come ad esempio la rifondazione della Cupola mafiosa che ridarebbe il potere di un tempo a Cosa Nostra. Inoltre, sono ancora in corso diversi processi per gli altri crimini commessi, con altri ergastoli pendenti a suo carico. Recentemente sono apparsi a Palermo dei murales inquietanti che inneggiano al boss corleonese e protestano contro il regime di 41 bis. In uno di questi si legge la scritta "" Liberate Riina "". Una seconda scritta fà riferimento all'abolizione del 41 bis, anche se la parte iniziale della scritta è stata cancellata dalla stessa mano che l'ha incisa con della vernice rossa (la stessa usata per le scritte). Nel 2002 durante la partita di calcio Palermo-Ascoli apparve nella curva rosanero uno striscione con su scritto: uniti contro il 41 bis.

 TOTO RIINA AFFERMA   DI NON CONOSCERE COSA NOSTRA....

 





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