Il ticket sanitario è la tassa più odiata, in aumento ricorso al privato

04 Giugno 2013   11:15  

 Il ticket e' la tassa piu' odiata dagli italiani: il 50% ritiene che il ticket sulle prestazioni sanitarie sia una tassa iniqua, il 19,5% pensa che sia inutile e il 30% lo considera invece necessario per limitare l'acquisto di farmaci. E' quanto emerge dalla ricerca di RBM Salute-Censis "Scenari evolutivi per il welfare integrativo", secondo cui negli anni della crisi per curarsi 12,2 milioni di italiani hanno aumentato il ricorso alla sanita' a pagamento, dalle prestazioni private all'intramoenia. La ragione principale e' la lunghezza delle liste d'attesa (per il 61,6%) e la convinzione che se paghi vieni trattato meglio (per il 18%). La fuga nel privato riguarda soprattutto l'odontoiatria (90%), le visite ginecologiche (57%) e le prestazioni di riabilitazione (36%). Ma il 69% delle persone che hanno effettuato prestazioni sanitarie private reputa alto il prezzo pagato e il 73% ritiene elevato il costo dell'intramoenia. Molto diffusa e' la percezione di una copertura pubblica sempre piu' ristretta: il 41% degli italiani dichiara che la sanita' pubblica copre solo le prestazioni essenziali e tutto il resto bisogna pagarselo da soli, per il 14% la copertura pubblica e' insufficiente per se' e la propria famiglia, mentre il 45% ritiene adeguata la copertura per le prestazioni di cui ha bisogno. Secondo la ricerca, il 56% dei cittadini ritiene troppo alto il ticket pagato su alcune prestazioni sanitarie, mentre il 41% lo reputa giusto. Gli italiani si lamentano di dover pagare ticket elevati soprattutto per le visite ortopediche (53%), l'ecografia dell'addome (52%), le visite ginecologiche (49%) e la colonscopia (45%). Secondo lo studio, presentato al terzo "Welfare Day", al 27% degli italiani e' pero' capitato di constatare che il ticket per una prestazione sanitaria era superiore al costo da sostenere nel privato, pagando tutto di tasca propria (il dato sale al 37% nelle Regioni con Piani di rientro, la cui sanita' pubblica e' stata colpita piu' delle altre dalla scure dei tagli). Si tratta di un paradosso relativo per ora ad accertamenti a bassa intensita' tecnologica, ma non va sottovalutato, perche' rende insicuri rispetto alla copertura pubblica. E' questo l'esito piu' estremo di tagli e spending review, che per il 61% degli italiani hanno prodotto l'effetto di ridurre i servizi pubblici e abbassarne la qualita', piuttosto che eliminare gli sprechi e razionalizzare le spese. Per il 73% hanno accentuato le differenze della copertura sanitaria tra le regioni e tra i ceti sociali. Per il 67% si punta troppo sui tagli, invece di cercare anche nuove fonti di finanziamento. Dalla ricerca emerge inoltre che il 20% degli italiani sarebbe disposto a spendere una somma annuale pari in media a 600 euro per avere una copertura sanitaria integrativa per alcune prestazioni. La percentuale sale tra le famiglie con figli (23,4%), disposte a versare in media 670 euro all'anno. Il ricorso crescente alla spesa privata spinge minoranze consistenti a guardare con occhi diversi la spesa per la sanita' integrativa.Vorrebbero che offrisse una copertura soprattutto per le visite specialistiche e la diagnostica ordinaria (52%), le cure dentarie (43%) e i farmaci (23%). Sarebbero incentivati ad aderire a forme integrative se l'iscrizione al Fondo sanitario garantisse un'assistenza medica per 24 ore 7 giorni alla settimana (il 39% lo indica come fattore incentivante), se riducesse i tempi d'attesa per le prestazioni di cui si ha bisogno (32%), se offrisse la copertura per tutta la famiglia, non solo per il sottoscrittore (30%). Gli italiani che hanno aderito a un Fondo sanitario integrativo sono 6 milioni, ma considerando anche i loro familiari, si sale a circa 11 milioni di assistiti: l'84% di essi valuta positivamente la copertura offerta. Il 68% degli italiani, pero', non ha mai sentito parlare di sanita' integrativa (33%) o ne ha sentito parlare ma non sa cosa sia esattamente (35%).


Oroscopo del Giorno powered by oroscopoore